La locandina

Un pugno nello stomaco è il più scontato commento che si può scrivere dopo aver visto il documentario “The Cave” di Feras Fayyad prodotto da National Geographic. Ma anche l’unico appropriato per non scivolare nella retorica. Guerra in Siria, la città di Ghouta è assediata dalle truppe leali ad Assad insieme ai russi per scacciare i ribelli e fugare il pericolo Isis e i suoi derivati. Bombardata dall’alto con metodo, fuori la città è distrutta, solo macerie, morti putrefatti e feriti.

La popolazione ha solo una chance, vivere come topi nei labirinti sotterranei costruiti appositamente per situazioni del genere. Lì un pugno di medici e paramedici valorosi, è riuscito ad allestire un’ospedale che senza mezzi, né risorse, né cibo miracolosamente riesce in qualche modo a espletare la sua funzione. Il direttore è una dottoressa, Amani Ballour che lotta e soffre non solo per le persone e i bambini che le muoiono tra le mani, ma anche per il pregiudizio patriarcale della cultura della zona (quando cultura diventa un termine negativo), che non considera una donna avente diritto di nulla se non quello di partorire e di crescere i figli (ma fino a una certa età).

Un’ora e mezza di carrellate lungo questi incredibili tunnel sotterranei, un’ora e mezza di strazio e di dolore tutto documentato senza filtri ma con pietà dal regista Feras Fyyad. Dicevamo, qualunque commento è superfluo. La visione purtroppo assolve a quella funzione terapeutica del cinema, per cui assistendo con intensità e angoscia  a questo racconto dell’orrore, si scarica la coscienza e ci si sente migliori. Senza aver fatto niente.

Titolo italianoThe Cave
Titolo originaleLast Men In Aleppo
RegiaFeras Fayyad
SceneggiaturaAlisar Hasan
MusicaMatthew Herbert
CastAmani Ballour
Anno2019
NazioneDanimarca, Germania, USA
GenereDocumentario
Durata95'
Uscita28 Novembre 2019