C’è un detto in Colombia: qui Dio ha voluto ricreare il Paradiso in Terra. Ma per compensare tanta bellezza, l’ha fatta abitare da una serie di uomini molto cattivi.
Citazione dalla prima stagione della riuscitissima serie televisiva Narcos (Netflix, da settembre la seconda e conclusiva stagione), dove si racconta tra fiction e contributi reali (foto, immagini, giornali e riprese cinetelevisive) della nascita del cartello della droga di Medellin e del suo factotum Pablo Emilio Escobar Gaviria.
Lo stesso Escobar è ora protagonista di questa pellicola dalla lunga gestazione produttiva e distributiva (il film è datato 2014), presentato al Festival Internazionale del Film di Roma (Miglior Opera Prima e Fotografia) ed oggi proposto in sala ad inzio stagione per meritoria opera della Good Films.
Togliamo ogni dubbio: questa non è un biopic (solitamente noiosetti e senza estro) sul famoso trafficante di droga. E’ un’opera di fiction, romanzata, che pesca nella realtà storica personaggi, avvenimenti, snodi narrativi per costruire una storia a se, una fiction in cui il perno centrale è la storia d’amore tra Nick, canadese hippy giunto in Colombia insieme al fratello per una scuola di surf, e Maria, giovane colombiana impegnata nel sociale con uno zio non ingombrante, di più: Pablo Escobar.
Per chi avesse visto la serie Narcos, questa aiuterà lo spettatore a riempire gli snodi storici che la sceneggiatura dello stesso regista Andrea Di Stefano omette per proprie necessità drammaturgiche. Per tutti gli altri, l’attenzione verrà catturata da questa neo-versione di Romeo e Giulietta sudamericana, costruita narrativamente in maniera sapiente attraverso una serie di flashback capaci di mantenere costantemente alta l’attenzione dello spettatore. Ma è la grandezza fisica ed attoriale (gustatevelo in lingua originale se potete) di Benicio Del Toro a fagocitare gran parte della pellicola, immenso nel costruire un personaggio dalla duplice personalità. Santo o criminale; imprenditore (la cocaina era considerata in Colombia una sorta di medicina, di cui si masticavano le foglie per combattere la malaria ed il raffreddore) o fuorilegge; affabile e protettivo in famiglia, spietato e sanguinario nella gestione dei propri affari.
L’attenzione del regista è concentrata fortemente sull’ambito privato; un vero e proprio Padrino ingombrante, protettivo, amorevole verso la propria famiglia, sulla quale a poco a poco iniziano a manifestarsi le ombre e le conseguenze delle sua attività illecite. Due mondi separati che corrono paralleli fino a quando questi non entreranno inevitabilmente in conflitto l’uno contro l’altro.
Dicevamo di una personalità monstre quella di Del Toro, calata però in un contesto drammaturgico non sempre all’altezza con passaggi narrativi affrettati, psicologie non troppo approfondite, comprimari non propriamente empatici quali il co-protagonista Josh Hutcherson (Hunger Games).
Questo rende il film un oggetto non completamente riuscito, con diversi motivi di visione (Del Toro su tutti) ed altri che lo relegheranno nell’ambito dei film non prettamente indimenticabili.
Titolo italiano | Escobar |
Titolo originale | Lost Paradise |
Regia | Andrea Di Stefano |
Sceneggiatura | Andrea Di Stefano |
Fotografia | Luis Sansans |
Montaggio | Maryline Monthieux, David Brenner |
Scenografia | Carlos Conti |
Costumi | Marylin Fitoussi |
Musica | Max Richter |
Cast | Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Claudia Traisac, Brady Corbet, Carlos Bardem, Ana Girardot |
Produzione | Chapter 2, Jaguar Films, Nexus Factory, Pathé, Roxbury Pictures, uFilm |
Anno | 2014 |
Nazione | Francia, Spagna, Belgio, Panamá |
Genere | Drammatico |
Durata | 120' |
Distribuzione | Good Films |
Uscita | 25 Agosto 2016 |
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