È uno scambio tra le arti – teatro, cinema, musica – un gioco di dimensioni dalla seconda alla terza, e di rimandi dal passato al presente. “Il castello di Vogelod” riletto da Fabrizio Arcuri (in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino a 29 ottobre) è un “Viaggio musicale nella pellicola di Murnau tra parole e immagini” così come recita il sottotitolo. La voce narrante è quella di Claudio Santamaria, la musica quella dei Marlene Kuntz.
Aiutato da un velatino dietro al quale si stagliano il gruppo alternative rock piemontese e l’attore romano, Arcuri proietta il film nel futuro, rendendo tridimensionali alcune scene clou di questa pellicola che ha fatto la storia di un genere cinematografico, il giallo.
Claudio Santamaria, in un angolo del palco, dà voce ai personaggi: mugugna, sospetta, agisce, declama, accusa. Attorno a lui e su di lui i Marlene Kuntz che in alcuni momenti lo sottolineano, in altri, invece, lo sovrastano. Quando si raggiunge parità espressiva tra le arti tutto diventa emozione e il senso di questo “viaggio” giunge completamente: “Il castello di Vogelod” sembra acquistare potenza espressiva.
La sensazione finale, però, è che la protagonista della coraggiosa operazione in realtà non siano né la pellicola di Murnau né gli interpreti sul palco, bensì la musica perché emoziona bilanciando lo spaesamento dato dal trovarsi in un teatro per assistere a un film muto. Ed è proprio in questo fragile equilibrio che si scorge l’ambizione di questo “viaggio” che, quando dosa la commistione tra le arti, tocca il suo apice.
Titolo | Il castello di Vogelod |
Regia | Fabrizio Arcuri |
Musiche | Marlene Kuntz |
Interpreti | Claudio Santamaria + Marlene Kuntz |
Durata | 75' |
Produzione | Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo |
Applausi del pubblico | Fragorosi |
In scena | Al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino a 29 ottobre 2017 |
Nessun commento