Il paradosso elevato all’ennesima potenza, il surreale che vuole diventare reale e l’assurdo che assume i contorni del logico. “Gospodin” è un po’ tutto questo: è innanzitutto un uomo che si ribella, che non vuole piegarsi alle regole del consumismo e che cerca una strada tutta sua per andare avanti e vivere. È un uomo testardo e drammaticamente caparbio nel perseguire il suo unico obiettivo: rinunciare al denaro. E lo fa mentre tutto intorno a lui non è altro che un’esaltazione assoluta della ricchezza e dei soldi.

Sul palco Gospodin è un Claudio Santamaria gesticolante, fisico ed energicamente coinvolgente. All’inizio forse fin troppo ma poi gradualmente riesce a fare suo il personaggio e a trasmettere le mille sfaccettature e la profondità del doppio teatrale. Fa sorridere e pensare: si sorride per esempio quando lo si vede disperarsi perché Greenpeace gli ha sottratto il lama con cui passeggiava per la città suscitando la curiosità dei passanti che gli donavano danaro. E ci si ferma a pensare quando, usando il latte come inchiostro, scrive sul muro della cucina i quattro principi che dicono tutto su questo “eroe” tragicomico:

1) una partenza è da escludere;

2) i soldi non devono essere necessari;

3) ogni proprietà è da rifiutare;

4) libertà è non dover prendere decisioni.

Questi principi portano a una conclusione che li riassume tutti seppure nell’incredibile assurdità. La sua, però, è una lotta incessante contro tutto e tutti: contro la fidanzata che lo lascia portandosi via tutti i mobili, o contro l’amico del cuore (il divertente Marcello Prayer), un artista pazzo che gli sottrae il vecchio televisore per farci una video installazione intitolata “Tempus fuck it”, o ancora contro chiunque voglia offrirgli un lavoro. E poi c’è la svampita mamma (la bravissima Valentina Picello: sono suoi i personaggi femminili, tutti proposti su corde diverse ma sempre elevate), che sembra ironicamente capirlo, ma che poi si concentra sulla barba incolta e soprattutto sui suoi fidanzati che la portano in crociera.

L’umanità messa in scena da Giorgio Barberio Corsetti è paradossale e a tale paradosso fa da contraltare una scenografia che poggia tutta su graphic animation, video mapping e chroma key. Una scelta apprezzabilissima, che dà spessore e originalità alla storia che ne risulta persino rafforzata. Un testo interessante, sfaccettato e drammaturgicamente valido. Del resto l’autore è il giovane Philipp Löhle, artista associato del teatro Maksim Gor’kij di Berlino, «che si è distinto per i suoi testi dal carattere acido e surreale, ma di grande efficacia drammatica».

Lo spettacolo, in prima assoluta per il Romaeuropa Festival in scena al Teatro Eliseo di Roma, riconferma Giorgio Barberio Corsetti come un regista di talento. Il suo “Gospodin” è arte, emozione e magia, ingredienti che fanno grande il teatro.

TitoloGospodin
AutorePhilipp Löhle con la traduzione di Alessandra Griffoni a cura del Goethe-Institut
RegiaGiorgio Barberio Corsetti
MusicheGianfranco Tedeschi e Stefano Cogolo
SceneGiorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti
CostumiFrancesco Esposito
LuciGianluca Cappelletti
Aiuto regiaFabio Cherstich
InterpretiClaudio Santamaria, Valentina Picello e Marcello Prayer
ProduzioneFattore K. / L’UOVO Teatro Stabile Di Innovazione in collaborazione con Romaeuropa Festival
Ideazione e regia teaser videoIgor Renzetti
Progetto graficoLorenzo Bruno e Alessandra Solimene
Anno2014
GenereCommedia
In scenaFino al 16 novembre 2014 al Teatro Eliseo di Roma