Fa specie notare come dalla Norvegia del 1882 (anno in cui Ibsen scrisse Il nemico del popolo) all’Italia del 2016 (anno in cui Hossein Taheri e Paolo Zuccari hanno prodotto la libera rielaborazione del dramma dell’autore norvegese) poco sia cambiato nel comportamento e nella psicologia dell’uomo di fronte a situazioni complicate. Come i conflitti familiari, i giochi di potere in ambito lavorativo, le relazioni tra stato e cittadinanza presentino delle costanti invariabili che ci portano a definire l’uomo come essere immutabile nel tempo e nello spazio.
In una città, per anni in difficoltà economiche, si sta per aprire uno stabilimento di acque termali per attirare turisti e investimenti e dare lavoro agli abitanti della zona. A pochi giorni dall’inaugurazione il fratello del sindaco, dottore responsabile delle strutture sanitarie, scopre che le acque che alimentano la stazione termale sono contaminate da sostanze inquinanti. Bisogna bloccare il progetto. Il Sindaco pressato da investitori ansiosi di rientrare dei capitali investiti, non è così convinto. La diatibriba dal piano pubblico si sposta presto su quello familiare dove riemergono incomprensioni e contrasti del passato. La città si spacca, i mezzi di comunicazione si mobilitano e il duello si spettacolarizza. Ed intanto un potere invisibile si muove indisturbato dentro la televisione e dietro le persone più insospettabili.
Conflitti familiari, diritto al lavoro contro diritto alla salute (sostituite le acque qui protagoniste con l’aria ed avrete lo spettro dell’Ilva di Taranto), il potere dei media nell’orientare l’opinione pubblica, sono i protagonisti di un’opera che offre allo spettatore molta carne al fuoco col rischio che non tutta alla fine risulti correttamente cotta. Lo spettacolo al suo debutto in prima nazionale al Sala Uno Teatro presenta discontinuità evidenti ed aspetti chiaroscurali. La vicenda è complessa ed articolata, così che non sempre l’interesse dello spettatore viene tenuto vigile con la medesima intensità. La regia di Paolo Zuccari che domina una serie di elementi eterogenei tra di loro (con video-dirette e contributi multimediali), fatica a mantenere un ritmo drammaturgico costante mentre apprezzabile risulta l’interpretazione nei panni di un Sindaco odioso ma con evidenti ragioni dalla sua parte.
La cosa più interessante dello spettacolo Acque Sporche è aver messo in campo una serie di personaggi antagonisti, ognuno con i propri vizi e virtù, ognuno con una parte di ragione, da far diventare difficile sposare una delle due opposte fazioni. Lo spettatore si ritrova come i cittadini invisibili, evocati ma mai mostrati come la cittadina invisibile di Dogville di Lars Von Trier: a vacillare tra le ragioni dell’una e dell’altra parte, evidenziando come sia facile al cinema ed a teatro propendere per una posizione, meno nella vita reale.
Teatro civile quello messo in piedi da Zuccari e Taheri (co-autore e protagonista nei panni del medico) che si dipana attraverso una storia forte dove il pubblico è chiamato a comprendere, vivere e partecipare emotivamente agli eventi in scena. Obiettivo ambizioso solo in parte raggiunto, ma c’è tutto il tempo necessario per correggere il tiro.
Titolo | Acque Sporche |
Autore | liberamente tratto da "Il nemico del popolo" di Ibsen |
Adattamento | Hossein Taheri, Paolo Zuccari |
Regia | Paolo Zuccari |
Scene | Marco Guarrera |
Costumi | Francesca Rizzello |
Interpreti | Hossein Taheri, Paolo Zuccari, Elodie Treccani, Raffaele Gangale, Dario Iubatti, Chiara Scalise, Francesca Ceci |
Durata | 110' |
Produzione | Teatro Eliseo |
Ideazione e regia teaser video | Tiziana Tomasulo, Michele Bevilacqua |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
Compagnia | Compagnia Taher e Zuccari |
In scena | fino al 13 Novembre 2016 al Sala Uno Teatro di Roma, Prima nazionale |
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