Dopo un tour fatto di risate, applausi e sold-out a ripetizioni, arriva a Roma al Teatro Brancaccio, Spamalot il Musical basato sul film dei Monty Python, Monty Python e il Sacro Graal, nella versione italiana di Rocco Tanica, con Elio delle Storie Tese come protagonista e diretto dall’infaticabile Claudio Insegno. Alla vigilia del debutto romano abbiamo incontrato il regista.

Come nasce l’idea di portare un musical così particolare in Italia?

Claudio Insegno

L’amore nei confronti dei Monty Python nasce nel 1984 quando iniziavo a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo. C’è stato da sempre in me la volontà di mettere in scena qualcosa dei Monty Python. Ogni volta che facevamo uno spettacolo con la compagnia Allegra Brigata fondata insieme a mio fratello Pino mettevamo sempre dentro delle cose dei Monty Python o di Mel Brooks; rubavamo qua e là da questi grandi personaggi. L’amore nei confronti di questo genere di comicità c’è quindi sempre stata e quando uscì questo musical in America ci siamo detti che bello sarebbe stato portarlo in Italia.
Desiderio realizzato ora grazie a questa produzione del Teatro Nuovo ed a Lorenzo Vitali che sapeva quanto potesse piacermi una cosa del genere. Ci siamo detti: Proviamoci! E’ stato un azzardo certo ma nonostante non sia uno spettacolo conosciuto e con una comicità completamente diversa da quella a cui siamo abituati ti ripeto in Italia, possiamo considerare vinta la nostra scommessa.

Tu hai visto lo spettacolo originale?

Si quello a New York con Tim Curry come protagonista. Appena uscito me lo sono sparato immediatamente.

Una comicità che gioca su doppi sensi e giochi di parole. Come li avete risolti nell’adattamento italiano?

Da questo punto di vista Rocco Tanica è stato veramente un genio. I giochi di parole li abbiamo anche noi, l’importante era portare lo stesso gioco dell’inglese in italiano. Abbiamo usato sinonimi, cose che potevano funzionare lo stesso e devo dire che ha funzionato anche di più. Io mi diverto talvolta ad esagerare, aggiungendo cose dal punto di vista recitativo, esasperando taluni personaggi, sempre nel rispetto dei momenti comici dell’originale ovviamente, ma con un’impronta tutta italiana.

Ti ha condizionato o ispirato lo spettacolo originale?

Ho dovuto adattare la mia regia agli attori straordinari che ho avuto a disposizione. Mi piace dirigere, cambiare ma non tanto per farlo ma perché voglio sfruttare chi ho sotto mano. Da un punto di vista tecnico invece è rimasto molto simile, con la mano di Dio che scende così come i piedi, ci sono le noci di cocco e tutte le follie a cui ci hanno abituato.

Il coinvolgimento di Elio è venuto quindi naturale…

Elio (ph. Luca Vantusso)

Bè, chi altro poteva farlo se non loro. Mi serviva qualche ‘scemo’ e lui ha accettato subito essendo pazzo dei Monty Python così come Rocco. Mi hanno detto: ‘Siamo sulla stessa barca e vogliamo viaggiare su questa barca un po’ sciamannata e fare ridere il pubblico.’

Elio è stato sempre ‘genialmente scemo’ come il gruppo inglese; è una persona adorabile, uno pronto a tutto, a cambiare mille cose a rimettersi in gioco continuamente. Veramente una brava persona e un bravo attore.

Da 1 a 10 quanto sei soddisfatto dello spettacolo?

Diciamo pure 25 perchè era quello che volevo ed anche di più per il semplice fatto che avevo un po’ paura che non potesse funzionare ed il terrore che il pubblico non avrebbe accettato. Super contento.

Tu in realtà sei un po’ un tipo alla Mission Impossibile avendo per primo portato in Italia un altro musical poco conosciuto come Joseph And the Amazing Technicolor Dreamcoat di Andrew Lloyd Webber.

Unica volta in Italia. A me non piace riproporre cose che hanno fatto precedentemente altri. Se mi chiedessero di rifare Grease per esempio, direi di no. Io è già tanto che ho fatto La febbre del sabato sera che non avrei voluto fare, questo perchè secondo me le cose più belle da affrontare sono le sfide. Jersey Boys per esempio è stata una sfida che ha avuto un successo enorme anche fuori l’Italia, a Parigi per esempio dove è stato rappresentato nella mia versione. Da più soddisfazione rispetto a fare una cosa che sai già che funzionerà. Anche  Hairspray che sto affrontando ora è una sfida, più facile certo, ma sempre una sfida perchè spettacolo poco conosciuto.

A tal proposito perchè rifarlo a distanza di 8 anni dalla versione precedente di Massimo Romeo Piparo?

Dipende da come lo affronti. E’ sempre bello rivederlo. Sono passati otto anni e le generazione passano in fretta. Io lo ricordo a mala pena, figuriamoci chi a teatro ci va una volta ogni tanto. Se passano dai 5 agli 8 anni è giusto riproporlo.

Quando metti in scena i tuoi spettacoli quanto ti condiziona il fatto di arrivare al maggior pubblico possibile, magari a partire dalla stessa scelta degli attori?

Fa parte anche questo della sfida. Ci penso al pubblico. Io penso che se piace a me piace al pubblico. Vengo da una famiglia normale, un borghese piccolo piccolo, andare al cinema significava vedere le pellicole di Bud Spencer e Terence Hill o Frankenstein Junior. Ritengo che se mi diverto io allora si divertirà anche il pubblico. Questo gioco fino ad ora mi ha detto bene. Sugli attori, non amo molto il grande personaggio, a parte Elio che c’é stato ed era giusto, ma non era il suo un nome così enorme da attirare il pubblico. Ho sempre preferito dare al pubblico la bravura piuttosto che la fama anche perchè la prima non va spesso a braccetto con la seconda. Preferisco non dare ‘la sola’ al pubblico ma rischiare con nomi sconosciuti come quello di Alex Mastromarino che non era nessuno prima di Jersey Boy, ma che poi quando stà in scena trascina il pubblico con ballo, recitazione e canto.

Tra tutte le cose che hai fatto qual’è lo spettacolo che ti ha dato più soddisfazione e quello che “poteva andare meglio”…

Jersey Boys il Musical (ph. Michela Piccinini)

Per me quello che mi ha dato più soddisfazione è Jersey Boys. Non mi aspettavo niente di tutto quello che è successo. E’ andato oltre le aspettative. Lo avevo visto a Londra e New York e mi ero fatto un’idea diversa da quello che era. Non mi faceva impazzire… Poi facendolo è successo qualcosa, un ritmo diverso, un modo di fare diverso… Quello che non mi ha dato più di tanto ancora non c’è stato fortunatamente. Joseph pur andando bene non è esploso come avrebbe potuto. Erano altri tempi, forse non maturi come oggi. Rifarlo adesso potrebbe forse funzionare anche se sarebbe meglio fare cose nuove.

Non pensi che oggi ci siano in giro troppi musical, anche a discapito della qualità aggiungo io, per la ricettività del pubblico italiano che non è così abituato come quello anglosassone?

Effettivamente ce ne sono un po’ troppi in giro. Magari si potrebbe fare un po’ più di prosa e non farebbe male allo spettatore. Ci sono grandi autori e grandi testi… Il problema è che oggi dicono il pubblico ha bisogno di distrarsi ed il musical con canzoni, balletti e luci funge a questo bisogno.

A chiudere, c’è uno spettacolo che ti piacerebbe portare in scena?

Un sogno è quello di fare uno spettacolo di prosa tipo Neil Simon, un desiderio che mi porterò dietro per tutta la vita. Tra i musical, mi sentirei più di inventarne uno nuovo, nostro, una commedia musicale ad alto livello, alla Garinei e Giovannini, questo sì che mi piacerebbe molto…

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