Esce in questi giorni nelle sale “Una donna per amica”. Si dirà: «Che noia questo espediente del titolo copiato di pari passo da una canzone di successo, da “Sapore di mare” a “Notte prima degli esami”». Obiettivamente non se ne può più di simili mezzucci per richiamare il pubblico più vasto. Ma ora non è così, perché in questo caso il titolo della canzone esattamente era “Una donna per amico”. «E vabbè – direte voi – cosa mai potrà cambiare una O al posto della A?».

Tutto.

Nella O di amico c’è la grazia, l’intelligenza, l’ironia, la profondità, l’esprit de finesse e mille storie sorprendenti che si intrecciano: il gioco dei ruoli, il cambio di sesso, il sapore dell’avventura, la commedia che apre a un mondo diverso ma fatto di sesso… Ma questa è un’altra canzone.

Nella A di amica intuiamo invece l’annosa, triste, banalissima questione della possibilità o meno che possa esistere un’amicizia vera priva di sottointesi sessuali tra un uomo e una donna; cioè la chiacchiera da ombrellone, il test sulle riviste femminili, il pettegolezzo da ufficio.

Nella O ritroviamo Mogol e Battisti.

Nella A Veronesi e Chiti.