Jack Kerouac è considerato il padre della Beat Generation, addirittura l’autore che coniò il termine Beat. «Fu da cattolico che un pomeriggio andai nella chiesa della mia infanzia (una delle tante), Santa Giovanna d’Arco a Lowell e a un tratto, con le lacrime agli occhi, quando udii il sacro silenzio della chiesa (ero solo lì dentro, erano le cinque del pomeriggio; fuori i cani abbaiavano, i bambini strillavano, cadevano le foglie, le candele brillavano debolmente solo per me), ebbi la visione di che cosa avevo voluto dire veramente con la parola “Beat”, la visione che la parola Beat significava beato». [Scrivere bop. Lezioni di scrittura creativa, Milano, Mondadori, 1996, p. 68].

Un uomo combattuto dall’ossessione di catturare la vita – quella vera, quella quotidiana – attraverso la scrittura; tormentato dall’idea che la scrittura dovesse essere un atto di liberazione, di crescita personale, di autocoscienza e realizzazione della propria personalità. Per catturare «questa esperienza unica che chiamava vita» era solito rinchiudersi per settimane e a volte mesi in casa grazie anche all’uso di droghe (come la benzedrina e la marijuana) e alcool che lo avrebbero portato presto all’alcolismo.

“Tape #51” scritto da Martina Tiberti e diretto da Raffaele Balzano (anche protagonista in scena nel ruolo di Neal Cassidy) racconta uno di questi ritiri forzati. Un pianoforte al centro della scena; una brandina consumata, uno scrittoio; mozziconi di sigarette, bottiglie di vino e superalcolici svuotate in bicchieri sparsi ovunque. 1951, Ozone Park, New York. Jack (Kerouac) e Neal (Cassidy) si chiudono in casa per un esperimento letterario volto a ritrovare l’autenticità di una scrittura vera. Tra perdite di tempo e noia, vino, alcool, sigarette e musica jazz proveniente da un vecchio giradischi, i due compagni di viaggio decidono di registrare per intero le loro conversazioni per farne dei racconti che riproducano la trama della realtà quotidiana.

C’è tutto lo spirito della Beat Generation in questo spettacolo che per 50 minuti accompagna lo spettatore dentro il mondo di Kerouac fatto di momenti depressivi e vertiginosi picchi di entusiasmo prima di ripiombare in dubbi, tormenti, rassegnazioni. L’impotenza di non riuscire a catturare la vita reale così libera ed indomita attraverso gli strumenti costrittivi e regolamentati della scrittura: questa l’ossessione di Jack che vide nel flusso di coscienza la sua valvola di sfogo e salvezza (“Sulla strada” fu infatti scritto su un rotolo di carta lungo 36 metri in 3 settimane al ritmo di 100 parole al minuto) e nel registrare le conversazioni col fidato amico Neal l’unico strumento che gli consentisse di “selezionare” i momenti topici della loro vita.

Una follia che convince grazie alle interpretazioni anima e sangue dei protagonisti (Pietro Pace e Raffaele Balzano) il cui flusso di coscienza è ritmato e ricaricato dalle presenze intermittenti di Giuseppe Mortelliti e Vania Lai, che contribuiscono a creare quel “mondo disperatamente bohemiene” all’interno del quale si mossero i protagonisti reali dello spettacolo. Nonostante a volte il testo sembri girare a vuoto, Tape #51 è uno spettacolo che va vissuto più con il cuore che con il cervello, lasciandosi trascinare dall’emozione, senza farsi ingabbiare dalla fredda e distaccata logica.

TitoloTape #51 Kerouac in scena
AutoreMartina Tiberti
RegiaRaffaele Balzano
InterpretiPietro Pace, Raffaele Balzano, Vania Lai, Giuseppe Mortelliti
Durata50'
ProduzioneAssociazione Culturale Teatro Trastevere, Un rigo sì e un rigo no
Anno2017
Generedrammatico
Applausi del pubblicoRipetuti
CompagniaUn rigo sì e un rigo no
In scenafino al 5 Febbraio 2017 al Teatro Trastevere, Roma