Tra i vari detti e leggende che popolano la tradizione napoletana, ce n’è uno che recita: «Ntiempo ‘e tempesta, ogne pertuso è puorte»; che significa in tempi difficili anche il più piccolo appiglio è una salvezza. Durante il terremoto che colpì Napoli nel 1980, ancora di salvezza per molti furono i tanti piccoli rifugi creati nelle macerie: per lungo tempo i Quartieri Spagnoli furono ridotti a uno stato deprecabile dove convissero topi e cristiani mischiati a immondizia e a calcinacci.

Premio della critica 2015, Scannasurice è uno spettacolo affascinante per la capacità di riunire insieme le leggende della cultura popolare napoletana con lo stile di vita degli strati più poveri della popolazione, creando una suggestione fatta di immagini nitide e a tratti surreali. Imma Villa veste i panni del femminiello napoletano: metafora di un popolo che ama contorcersi nel senso della sua inadeguatezza, il femminiello si annoda e scivola come un’anguilla tra i pertugi scavati nelle macerie di quello che pare essere un vicolo dei Quartieri Spagnoli dopo il terremoto. La scenografia nata dall’immaginazione di Roberto Crea, crea un ambiente capace di richiamare le macerie del terremoto e i loculi tipici del cimitero, luoghi dove la vita si consuma e muore.

La figura del femminiello è disegnata ad arte sul testo di Enzo Moscato dalla regia di Cerciello e dall’artigianato attoriale di Villa, riuscendo nell’intento di rappresentare ciò di cui l’autore si era occupato quando scrisse il testo: parlare dello stato reale di una popolazione. Ciò che viene rappresentato in scena è il tentativo quotidiano di districarsi tra ragionamenti contorti nati da una mistura di racconti della realtà di strada e della magia delle leggende della tradizione napoletana (dalla Bella ‘Mbriana al Monaciello). Matilde Serao scriveva nel suo libro “Leggende napoletane”: «Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete».

Il testo scritto da Enzo Moscato nel 1982 ha da subito rappresentato un’irruzione rivoluzionaria nel panorama manieristico eduardiano. Il bisogno di allora era quello di uccidere i padri senza rinnegarli cercando un nuovo sguardo sulla città e sull’essere napoletano. Insieme ai testi di Ruccello e Santanelli, secondo Cerciello: «Questo di Moscato rappresenta oggi una liberazione dalla ricchezza dei testi storici napoletani e un avvicinamento alla realtà dell’uomo napoletano sempre precario e alla ricerca». La visione registica di una rappresentazione parallela della vita reale che permette un confronto con la stessa attraverso suggestioni, è una maniera poco praticata, perché richiede del coraggio rispetto alla facile rappresentazione di formalismi, cui il pubblico è sempre più spesso indirizzato.

Applausi fragorosi del pubblico.

TitoloScannasurice
AutoreEnzo Moscato
RegiaCarlo Cerciello
MusichePaolo Coletta
SceneRoberto Crea
CostumiDaniela Ciancio
LuciCesare Accetta
Aiuto regiaAniello Mallardo
InterpretiImma Villa
Durata90'
ProduzioneTeatro Elicantropo Anonima Romanzi e Prospet
GenereTragicommedia
Applausi del pubblicoFragorosi
In scenaTeatro Eliseo di Roma fino al 19 marzo 2017