Che cos’è il rosso ? Esistono il carminio e l’amaranto, il rosso dei pomodori e quello degli occhi di un albino; il rosso dell’alba e del sangue; del colore cucinato nel laboratorio del pittore, preparato per poi esplodere sulla tela e nelle macchie del pavimento: ad evocare la morte dell’artista senza esplicitarla. Sceneggiatore di “Ogni maledetta domenica” e “Il Gladiatore”, “The Aviator” e “Skyfall”, lo statunitense John Logan ha scritto “Rosso“, un testo asciutto che condensa a teatro due anni di lavoro e vita di Mark Rothko. Ebreo di origini russe, straordinario maestro dell’espressionismo astratto, nel 1958 Rothko accetta la commissione di una serie di murali per il ristorante Four Season nel Seagram Building di New York: simbolo di quel consumismo “incivile” e lussuoso che l’artista vorrebbe, in qualche modo, demolire.

Le contraddizioni di un incarico che lo entusiasma e lo tormenta si rivelano nel rapporto con l’assistente appena assunto. Al maestro burbero ed egocentrico che dipinge accompagnandosi con la musica classica, si contrappone il giovane sensibile e inesperto che ascolta il jazz. Attraverso un dialogo che è fitto di riferimenti culturali, non privo di ironia sia pure con qualche momento di verbosità intellettuale, si manifesta tutta la complessità dell’artista, anche in relazione con il passato, con i contemporanei e con le nuove generazioni: da Picasso a Pollock fino alla pop art di Warhol. Ci sono i padri da “uccidere” freudianamente e i maestri come Caravaggio e Matisse a cui ispirarsi per la capacità di irradiare luce e colore dall’interno stesso del dipinto.

Per Rothko mettere il colore sulla tela conta in parte: il resto è attesa e pensiero. L’arte non vuole dirsi bella né tantomeno “carina”, ma essere «la tragedia ad ogni pennellata». Le opere sono creature in divenire, potenti e vulnerabili. Vivono nei lunghi tempi di creazione, nelle fasi in cui l’autore si limita a studiare il dipinto non ancora terminato; e continuano a vivere anche dopo, nel tempo dello sguardo, della percezione e della meditazione: il tempo necessario perché chi guarda riesca davvero a vedere l’opera. Chiuso claustrofobicamente nello studio in cui non lascia nemmeno filtrare la luce naturale, Rothko dipinge con foga, come in una danza, con gesti da direttore d’orchestra. Ha una concezione talmente alta della propria arte, che nessuno ai suoi occhi sembra avere la sensibilità di “essere umano” indispensabile per poterla contemplare. Nelle opere pensate per il Four Season le forme dai contorni sfocati affiorano alla luce e si immergono nel buio: una tensione pulsante fra rosso e nero che è simbiosi continua di vita e di morte.

L’interpretazione di Ferdinando Bruni è efficace e lo spettacolo diretto da Francesco Frongia esalta l’arte di Rothko anche mettendone in luce anche le criticità. “Rosso” è un “biopic” che si eleva a riflessione sull’arte. Consigliato a chi non vuole soltanto guardare un’opera ma vederla, entrarci dentro, attraversarla ed esserne attraversato.

TitoloRosso
AutoreJohn Logan
AdattamentoTraduzione: Matteo Colombo
RegiaFrancesco Frongia
SceneFrancesco Frongia
CostumiFrancesco Frongia
LuciDatore luci: Michele Ceglia
InterpretiFerdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaña
Durata90'
ProduzioneTeatro dell’Elfo
OrganizzazioneAntonia Proto Pisani
Progetto graficoPlum
Anno2012
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenadal 10 al 15 maggio al Teatro India - Lungotevere Vittorio Gassman, 1 - Roma