Entrano ed escono da una tela simbolica i personaggi di “Frame”. Una tela che crea e nasconde, esalta ed inghiotte. Alessandro Serra, ideatore e regista dello spettacolo, si ispira all’arte di Edward Hopper, maestro del realismo americano anni ’30, ma va oltre il semplice tableau vivant. Trasfigurati sulla scena, possiamo riconoscere alcuni capolavori del grande pittore: ma soprattutto ne cogliamo i perturbanti attimi di sospensione, i nitidi fasci di luce, l’essenza misteriosa e metafisica.

Le figure ritratte da Hopper diventano allora personaggi in cerca d’autore. Attraverso il rettangolo della tela, ogni artista ritaglia la realtà in una porzione di spazio – e di tempo – limitata; e sceglie di lasciar fuori tutto il resto. I protagonisti di “Frame” sembrano prigionieri, smarriti e a tratti consapevoli, della propria condizione di “personaggi”: senza parlare mai, gli attori si aggrappano alle pareti claustrofobiche e spoglie, si stagliano sul materasso di un letto o passeggiano di fronte alla finestra, proiettando ombre o scorrendo come immagini sullo schermo di un cinema; si aggirano ossessivamente quali animali in una gabbia invisibile, compaiono e scompaiono nel buio come fotogrammi scanditi da una luce intermittente. In un Arlecchino di suggestione picassiana intravediamo una sorta di autore-demiurgo, incarnazione di un destino imperscrutabile e un po’ maldestro che manovra gli altri come manichini inanimati: ma forse non ci riesce del tutto, finendo per essere, in fondo, isolato nella propria solitudine.

Che si tratti di finestra o porta, balcone o vetrina, in Hopper la soglia fra interno ed esterno è un elemento fondamentale e ricorrente. Fin dal titolo “Frame” rimanda al concetto di fotogramma, cornice, inquadratura: lo spettacolo vive proprio sulla soglia, sul limite, in continua tensione fra che ciò è in scena e ciò che è fuori, ciò che è “inquadrato” e ciò che rimane fuoricampo. Una riflessione metateatrale e metapittorica che ci riporta ai personaggi di Luigi Pirandello, o all’idea di fuga dallo schermo cinematografico che parte da Vladimir Majakovskij (“Incatenata alla pellicola”) e Buster Keaton (“La palla n° 13”) per arrivare fino a Woody Allen (“La rosa purpurea del Cairo”).

Ma “Frame” non si presta soltanto ad una lettura concettuale: è uno spettacolo che sa far sorridere con la tenerezza delle comiche da cinema muto e sa far paura con gli incubi dell’inconscio. C’è spesso da diffidare quando un regista firma in toto lo spettacolo: dalla regia alle scene, dai costumi alle luci; qui, però, tutto si tiene. L’impianto scenico è essenziale eppure di impatto estetico, anche grazie alla perfezione luministica; musiche ed effetti sonori si incastrano con precisione geometrica sui movimenti degli attori. Attraverso mimica e gestualità, frammenti di narrazione ci parlano di una storia d’amore, di paure e rimpianti, del rapporto con il passato, la vecchiaia e i ricordi. «Se una cosa potessi esprimerla a parole, non ci sarebbe bisogno di dipingere» diceva Hopper. E “Frame” è una splendida poesia senza parole, che parla la lingua del teatro.

TitoloFrame
AutoreAlessandro Serra
RegiaAlessandro Serra
SceneAlessandro Serra. Realizzazione scene Mario Daniele
CostumiAlessandro Serra
LuciAlessandro Serra
InterpretiFrancesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta, Emanuela Pisicchio, Giuseppe Semeraro
Durata90'
ProduzioneCantieri Teatrali Koreja
OrganizzazioneLaura Scorrano e Georgia Tramacere
CoproduzioneCompagnia Teatropersona
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenadal 27 febbraio al 4 marzo 2018 al Teatro Vascello - Via G. Carini, 78 - 00152 Roma