Appurato che sia tratto dal romanzo di Truman Capote e non dal film di Blake Edwards; appurato che si ispiri alla riduzione teatrale fatta da Samuel Adamson; appurato che i paragoni con i “grandi” troppo spesso sono insostenibili, “Colazione da Tiffany” con la regia di Piero Maccarinelli è una delusione irritante. Lo spettacolo annoia e infastidisce. Si tratta di un ibrido: non è il film ma non è neanche il libro. La messa in scena è fortemente didascalica, non ci sono trovate originali che segnino un distacco, una rilettura del testo noto ai più.
I protagonisti non arrivano al pubblico: troppo declamatorio Lorenzo Lavia che veste i panni di William Parsons e poco “caratterizzata” Francesca Inaudi che intrepreta Holly Goligthly. Entrambi avrebbero dovuto essere il centro della vicenda e dello spettacolo. Si perdono, invece, dando l’impressione di puntare l’uno sulla presunta omosessualità e l’altra su una eccessiva superficialità, tipica della donna svampita. Il resto della compagnia sembra un alone di contorno, poco definito e ombroso. I due atti inoltre non aiutano, mancando il coinvolgimento. Seguire la pièce risulta, purtroppo, faticoso.
Ci si chiede quale sia il senso di un’operazione di questo tipo, di una produzione di questi livelli in tempi difficili per il teatro e la cultura tutta.
Titolo | Colazione da Tiffany |
Autore | Truman Capote con la traduzione/adattamento di Samuel Adamson, Fabrizia Pompilio |
Regia | Piero Maccarinelli |
Scene | Gianni Carluccio |
Costumi | Alessandro Lai |
Interpreti | Francesca Inaudi, Lorenzo Lavia, Mauro Marino, Flavio Bonacci, Anna Zapparoli, Vincenzo Ferrera |
Produzione | Gli Ipocriti |
Anno | 2011 |
Genere | drammatico |
In scena | fino al 1 aprile 2012 al Teatro Eliseo di Roma |
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