Guardando Drag Me To Hell si ha l'impressione che tu sia come un bambino in un negozio di cramelle, che stai facendo quello che ami fare di più.
E' vero. Mi è piaciuto un sacco girare questo film. Eravamo in mezzo a persone che conosco e con le quali mi sento a mio agio. E per quanto riguarda quelli che non conoscevamo, credo che con i nuovi arrivati abbiamo avuto molta fortuna.

Perchè hai deciso di tornare al genere horror?
Libertà. Questa è stata una delle ragioni principali. Su qUesto film potevo avere un controllo creativo totale e il final cut, che in effetti avevo avuto per la prima volta già per il mio primo film, La casa. Ho potuto fare quello in cui credevo. Non ho dovuto discutere con nessuno per gli aspetti creativi. In qiesto senso è stato rigenerante. E, tanto per cambiare, mi andava di lavorare con un budget limitato.

Come è nato Drag Me To Hell?
E' successo tutto per caso. Mio fratello Ivan ed io avevamo scritto questo breve racconto nel 1989. Poi solo qualche anno fa, nel 2002, lo abbiamo adattato trasformandolo in una sceneggiatura. Ho una società di produzione di film horror che si chiama Ghost House Pictures, così ho pensato: perchè non trasformarla in uno script che funzioni per la nuova società? L'abbiamo scritto pensando a me per produrlo e ad un altro regista da assumere per girarlo. Quando ho iniziato a lavorarci, mi sono reso conto di quello che volevo veramente: non volevo solo produrre un film, io volevo realizzare questo film.

Il film è basato su una maledizione che esiste nella tradizione o su una leggenda metropolitana?
La storia è pura invenzione. Il solo aspetto per il quale abbiamo preso in considerazione l'ipotesi di fare almeno qualche ricerca è stato quello relativo a quale sarebbe stato il demone che viene evocato dal personaggio della donna anziana. Abbiamo fatto il minimo necessario di ricerche per scoprire che ci sono diversi demoni in culture diverse che vengono definiti con il nome di 'Lamia'. Per una data cultura si tratta di un Dio che mangia i bambini, per un'altra è un serpente. Per un'altra ancora è una donna molto sexy ma cattivissima. Tutta la questione in fondo qui ruota attorno ad un archetipo senza tempo usato nel film, assieme a molti altri: l'idea di un personaggio che si macchia del peccato di avidità e per questo è costretto a pagare un prezzo terribile. E' una storia con una morale che è stata raccontata in molte religioni e in epoche diverse. Perciò, fondamentalmente, è una solida, vera, vecchia e tradizionale storia horror.

Ma nonostante cio' è molto particolare, specialmente se paragonata ai film horror che vanno di moda oggi.
Mentre giravo questo film non pensavo agli altri film horror. Cercavo solo di rendere la storia più drammatica e divertene possibile. Il nostro obiettivo non è mai stato quello di seguire una moda o anche solo di cercare di offrire al pubblico quello che immaginavamo volesse. Mentre scrivevamo la sceneggiatura, cercavamo solo di fare quello che ci piace - a me e a mio fratello Ivan - sperando che potesse piacere anche al pubblico.

Come è nata l'idea di aver Alison Lohman nel cast?
Volevo che il pubblico compisse un percorso nel peccato assieme al personaggio. Ecco perchè avere Alison era così importante. Perchè, in realtà, si tratta di un personaggio moralmente fallimentare. Commette peccato di avidità buttando fuori di casa un'anziana signora. E volevo vedere se riuscivo a far identificare il pubblico con lei. Credo abbia fatto un eccellente lavoro.

Facendola passare per sofferenze atroci.
Ero preoccupato che non riuscisse a sopportare tutte le cose che dovevamo farle. Ho cercato di essere onesto sulla cosa, beh, senza dirle proprio tutto quello che le avremmo fatto passare, perchè temevo che non avrebbe accettato la parte (ride). Volevo solo metterla sull'avviso, per così dire. Ma dovevamo farle cose davvero orribili. Insomma, venire soffocata tutto il tempo da quell'anziana signora, lanciata fuori da un'auto, buttato addosso di tutto, messa in un'imbragatura e sbattuta in giro per una stanza per ore, sepolta viva sotto 3 quintali di fango. E tutto questo solo nella prima settimana.

E' importante per te mescolare umorismo e paura?
Per me sì, perchè riesco a vederla in modo diverso. Credo dipenda dal fatto che sono un tipo pauroso. Quando vedo le cose, non riesco a fare a meno di notarne il lato divertente. Forse è un meccanismo di difesa. E per qualche ragione, è così che faccioi miei horror.

Sei sempre stato appassionato di horror?
Le storie di fantasmi mi sono sempre piaciute. Da ragazzo, mi piaceva stare seduto attorno ad un fuoco da campo o in qualche stanza buia di notte, con gli amici che raccontavano storie di paura. C'è un'energia collettiva che passa attraverso la gente che ascolta, e un grande senso di anticipazione se chi racconta è bravo. Sei come stordito, vorresti urlare, ma non ci riesci. Poi c'è un momento di grande sollievo quando la tensione si spezza e tu, da ascoltatore, urli di paura. Tutti sonoassolutamente presi dalla storia, e questo è molto eccitante. Tutti insieme proviamo paura. Tutti insieme viviamo l'attesa. Tutti insieme urliamo. E' bello sentirsi così uniti agli altri.

Qual'è stato il primo film che ti ha avvicinato al genere?
La notte dei morti viventi di George Romero. Dovevo avere circa dieci anni e mia sorella mi fece entrare furtivamente nel cinema nascosto sotto il suo cappotto, da non crederci.

Molti giovani registi hanno te come riferimento. Qual'è stato il tuo?
Ammiro il lavoro di Kubrick, Fellini, Bergman che ho studiato brevemente a scuola. E adoro Hitchcock. Credo sia il maestro della narrazione in genere, non solo della suspense. Sa esattamente di quali informazioni ha bisogno il pubblico in relazione ad un determinato aspetto della storia. Niente di più, niente di meno. La sua asciuttezza è eccezzionale e ancora attuale. Si può imparare molto guardando Hitchcock.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il mio prossimo film sarà Spider-Man 4. Lo sta scrivendo un bravissimo commediografo di New York: David Lindsay-Abaire.

Cosa speri per il film?
Quello che volgio è che il pubblico rida, salti sulla poltrona, urli, si aggrappi alla sua ragazza e all'uscita pensi di essersi divertito molto in quell'ora e mezza. E' così che misurerei il successo del film.

Drag Me to Hell è il tuo primo horror. Cosa ti ha affascinato de ruolo?

Sam Raimi. Mi ricordo la prima volta che ne ho parlato con lui al telefono. Penso che la conversazione sia durata tre ore, forse di più. Parlava di ogni dettaglio, come un bambino che racconta una storia accanto a un fuoco da campo, e mi sono resa conto che dovevo fare questo film con lui. Il fatto è che non sono un’appassionata di horror. Ci vuole molto per spaventarmi.
Prima di parlare con Sam, non avrei mai pensato che potesse andar bene per me. Non pensavo che fosse nelle mie corde, come pure qualsiasi altro film horror. Fortunatamente ho capito cosa rende i migliori film horror dei buoni film e cosa rende Sam tanto speciale. Se hai personaggi e situazioni abbastanza interessanti da coinvolgere il pubblico a prescindere dalla parte horror, allora realizzi un grande film. Sfortunatamente, un sacco di film horror che ho visto di recente non hanno queste caratteristiche, motivo per cui all’inizio non ero interessata. Ho sempre avuto la sensazione che in un certo senso i personaggi di quei film fossero sempre in attesa della parte horror, dell’arrivo dei momenti di paura.

Cosa ti ha insegnato Sam Raimi sull'horror?
Per lui non è mai solo questione di horror. Qualche volta ci sono dei momenti che fanno paura, ma i protagonisti sono più importanti. In Drag Me To Hell, si è impegnato molto su Christine, sui suoi rapporti, e con delle scene molto reali nelle quali possiamo identificarci. Quando arriva il momento in cui lei deve affrontare il demonio, sei lì al suo fianco. L’horror, in un certo senso, è solo la ciliegina sulla torta. Entri con lui in un mondo diverso, che è talmente concreto e ricco di dettagli che ti senti a tuo agio. E ti fidi mentre affronti questa avventura.

Come ti sei preparata per il film?
Ho avuto degli incontri con Sam per farmi un’idea di quello che pensava del personaggio. Ho anche incontrato un funzionario addetto ai prestiti, che è quello che interpreto sullo schermo. Non sapevo niente di banche e sono un disastro con i numeri, perciò avevo bisogno di farmi un’idea di come fosse quel tipo di vita e la gente che vive così nella realtà. Sono anche uscita un po’ con Justin Long, che interpreta il mio fidanzato, giusto per conoscerci meglio, per dare spessore al nostro rapporto sullo schermo. E poi, ovviamente, ho guardato i classici dell’horror tutti i giorni, concentrandomi sui momenti clou. Qualsiasi film stessi guardando, facevo attenzione al ritmo e all’andamento. Cioè, mi sedevo lì, spegnevo le luci e guardavo film come Shining. Altre volte, guardavo solo delle clip dei film per trovare l’ispirazione giusta per quello che avrei dovuto fare.

Avevi già visto i film horror di Sam?
No, gli horror no. Perciò mi sono guardata tutta la serie de La casa e L’armata delle tenebre. Avevo già visto Soldi sporchi e The Gift, che mi erano piaciuti. Cioè, mi è sempre piaciuto il lavoro di Sam, specialmente i film di Spider-Man. In tutti traspare la sua personalità. Ha un senso dell’umorismo molto particolare e asciutto. E quell’umorismo che si vede nei film è anche quello del suo carattere.

Come è stato lavorare con lui?
Meraviglioso. Abbiamo fatto moltissime prove, ripassando le scene, discutendone e scherzandoci su, cosa che è stata di grande aiuto. Sam è bravo in queste cose, è molto collaborativo e aperto nei confronti degli attori in modo che si sentano coinvolti. Ti fa venire voglia di dare di più, proprio perché è così ben disposto. Questo mi piace di lui. E’ raro trovarlo in un regista.

E girare le scene di azione piene di effetti speciali?
Per girare la scena della colluttazione in macchina ci sono volute circa due settimane. Era tutto molto ben coreografato, studiato nel dettaglio, il coordinamento dei nostri movimenti con quelli della macchina da presa. In particolare è necessario essere precisi e allo stesso tempo far sembrare tutto caotico, frenetico e il più spontaneo possibile, come quando faccio saltare la dentiera della signora Ganush sul sedile anteriore.

Incantevole!!!
Lo so… Sono momenti interessanti, momenti tipici del cinema di Sam Raimi, con questa donna anziana, Lorna Raver, che ti rosicchia il mento e ti sbava sulla faccia.

Come è stato?
Assurdo, pazzesco! Non gli credevo. Non volevo credergli quando mi raccontava le cose che aveva in mente. In effetti, quando leggi la sceneggiatura, c’è tutto descritto dentro: “lei le succhia il collo”.
E io pensavo ‘Oh, sì, d’accordo, sta solo rendendo più fiorita una scena da leggere’. No, lui intendeva proprio succhiare il collo. Non avevo idea che l’avrebbe fatto sul serio fino a quando non abbiamo girato (ride). Sì, ci sono stati dei momenti assurdi. Sam ha coreografato l’intera cosa. Ma noi dovevamo renderla più naturale possibile.

Qual'è stata la sfida più difficile per te?
Il sonno. Non ho mai dormito durante il film. Ci vuole tantissima energia per mantenere alto il livello di adrenalina girando scene in cui sei sempre spaventata e ti batti per restare viva. Così anche io ho cercato di sopravvivere al film, come il mio personaggio ha cercato di sopravvivere al demone!! Tornavo a casa e non sapevo come fare ad uscirne. Ma, sai, impari qualche piccolo stratagemma: spesso basta una lunga passeggiata, a volte funziona la tequila!. E’ stato un film difficile, davvero. Niente di ciò che ho vissuto nella mia vita si avvicina neanche lontanamente a questo. Per la maggior parte del tempo mi sentivo a pezzi. Dopo mi è anche venuto l’herpes. La sola cosa che mi ha permesso di non crollare è stato Sam. Non solo spingendomi e costringendomi ad andare avanti , ma anche perché mi ha ispirata. Anche se mi ha torturata per tutto il film, è un vero gentiluomo. Cioè, è davvero una contraddizione. Riesce ad essere dolce e gentile e l’attimo dopo ti fa letteralmente volare sul soffitto!

Cosa ti ha sorpreso di più in questa esperienza?
Il fatto di essermi divertita. Pensavo che alla fine avrei detto ‘Oh, è stato un incubo. Non farò mai più una cosa del genere. Perché diavolo l’ho fatto?’ Ma adesso, ripensandoci, posso dire tranquillamente che mi sono divertita un sacco… mentre venivo torturata!

Credi nelle maledizioni? Sei superstiziosa?
No, non esattamente. Anche se qualche volta lo sono. Oggi, in effetti, sono entrata nella mia camera da letto e ho avuto la strana sensazione che ci fosse qualcuno lì che mi osservava. Normalmente non ho queste sensazioni. Forse ha a che fare con il fatto che sto girando questo film (ride). E questo non significa essere superstiziosi (ride).

Faresti un altro horror?
Non lo so. Credo che richieda troppa energia. Davvero. Ma mi piacerebbe molto lavorare in un altro film di Sam Raimi. Questo lo farei immediatamente.

 

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