Simon Konianski
id.
Regia
Micha  Wald
Sceneggiatura
Micha  Wald
Fotografia
Jean-Paul  de Zaetijd
Montaggio
Susana  Rossberg
Scenografia
Anna  Falguères
Costumi
Nadia  Chmilewski
Musica
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Interpreti
Jonathan Zaccaï, Popeck, Abraham Leber, Irène Herz, Nassim Ben Abdeloumen, Marta Domingo, Ivan Fox, David Bass, Nassim Ben Abdelmoumen, Wlodzimierz Brodecki
Produzione
Versus Production, Haut et Court, Forum Films, Rtbfl
Anno
2009
Nazione
Belgio, Francia, Canada
Genere
commedia
Durata
100'
Distribuzione
Fandango
Uscita
09-04-2010
Giudizio
Media

Il mondo Yiddish è di nuovo sul grande schermo, ancora una volta trattato con uno stile ironico e divertente che fa pensare a Woody Allen. La pellicola “Simon Konianski”, diretta da Micha Wald (alla sua seconda fatica registica) racconta la vita di Simon (Jonathan Zaccaï), 35 anni, un eterno adolescente, senza lavoro. Abbandonato dalla compagna, una danzatrice goy, torna a vivere con il padre Ernest (Popeck), ex-deportato, di cui rifiuta nettamente le credenze religiose sionistiche. L'anziano ebreo, consapevole del rapporto teso esistente con il film, decide di rendergli impossibile la permanenza, per spingerlo ad andare via. La scena della cena con i parenti e una giovane ebrea presente per farla diventare la sua futura sposa, è davvero esilarante: la sceneggiatura permette a Simon di parla di Striscia di Gaza e di palestinesi, due argomenti che di rado si sentono nominare in un film di genere. Tra i due si inserisce il piccolo Hadrien, figlio di Simon, molto appassionato dei drammatici ricordi del nonno. Alla morte di Ernest, Simon decide di rispettare l'ultimo volere del padre: seppellirlo in Polonia. Intraprende quindi un viaggio che dal Belgio passa per il campo di concentramento di Majdanek in Polonia, giungendo in un cimitero vicino Lublino, dove l'anziano desidera venire seppellito. Ovviamente il road movie serve a Simon per scoprire, per non dire addirittura conoscere da vicino le tradizioni e la vita del padre.
Il regista Wald, a Roma per presentare la pellicola, al riferimento con l'autore di “Provaci ancora Sam”, precisa che «Allen è di un'altra generazione, diversa dalla mia. Credo ci sia un modo di verso di confrontarsi con la famiglia di origini ebraiche. Io faccio parte della terza generazione, non sono in collegamento diretto con quanto è avvenuto nella seconda guerra mondiale. Conosco la storia dai racconti dei miei nonni: questo mi porta ad affrontare le storie familiari non in modo frontale: la commedia si prestava alla perfezione a raccontare questa storia». Ad aumentare il coinvolgimento dello spettatore ci sono le musiche: «Volevo che facessero da contrappunto alla vicenda, e che non rinchiudessero la storia in una semplice storiella ebrea. La samba e il cha cha cha mi sono sembrarti adatti. Mi piaceva il contrasto tra la storia di questa famiglia di vecchietti ebrei e la musica indiavolata».
La cifra registica è semplice, lineare, senza grandi idee: è il contorno (la sceneggiatura, la musica, l'ambientazione e gli interpreti), a rendere gradevole un film che sulla carta potrebbe essere annoverato tra altri mille, ma che regala qualche momento di unicità.
[valentina venturi]