Shame
id.

Anno 2011

Nazione UK

Genere drammatico

Durata 99'

Uscita 13/01/2012

distribuzione
BiM Distribuzione

Regia
Steve McQueen
Sceneggiatura
Steve McQueen,
Abi Morgan
Fotografia
Sean Bobbitt
Montaggio
Joe Walker
Scenografia
Charlie Kulsziski
Costumi
David C. Robinson
Musica
Harry Escott
Produzione
Film 4, See-Saw Films, Uk Film Council, Momentum Pictures
Interpreti
Michael Fassbender, Carey Mulligan,
James Badge Dale, Nicole Beharie

 

Brandon (Michael Fassbender) ha un lavoro e un bell'appartamento a Manhattan, veste in maniera elegante ed è dotato di un fascino sopra la media.
Non ci sarebbe nulla da eccepire, se questo ultratrentenne solitario non fosse letteralmente posseduto da una sorta di perenne pulsione sessuale, che lo spinge a flirtare con chiunque, riempirsi di pornografia, dedicarsi a qualsiasi forma di perversione. L'arrivo improvviso della fragile e sensibile sorella Sissy (Carey Mulligan), con la sua profonda e disattesa richiesta di attenzione, metterà in crisi la corazza d'insensibilità e di equilibrio esteriore del protagonista.
L'incombere della tragedia giustificherà la “Vergogna” del titolo e getterà nuova luce sulle loro individualità dopo la discesa nell'abisso.

C'è una scena del film in cui Sissy canta per intero una struggente versione di “New York, New York” con l'accompagnamento di uno scarno pianoforte: la canzone ci viene mostrata in tutta la sua durata quasi in una sola sequenza, con un elementare rimando di primi piani stretti dall'appassionata interprete al fratello, che lentamente e impercettibilmente resta sempre più toccato dalla musica. In quei pochi minuti è sintetizzata (per chi si fosse perso il bell'esordio “Hunger”) la poetica del regista Steve McQueen. Il suo è un cinema apparentemente minimale, improntato sull'espressività degli attori e sul contrappunto tra la fedele descrizione della realtà a livello visivo e il turbamento interiore dei personaggi attraverso un sapiente uso del sonoro e delle belle musiche.

Del resto, dire che il soggetto di questo film è irto d'insidie è un eufemismo: filmare senza censure il sesso e la perversione rischia in qualsiasi istante di virare nella volgarità o nel patetico.
McQuenn sceglie la via di un approccio intenso, che sa essere “voyeuristico” quando si tratta di smascherare le debolezze e le tensioni dei caratteri (la camera fissa su Brandon e la sua collega a cena al primo imbarazzato appuntamento, o il lungo e poetico piano-sequenza del jogging notturno per le strade della Grande Mela), ma mai morboso nel mostrare ciò che già è messo concretamente a nudo.

Se le performance dei due protagonisti hanno ricevuto un meritato plauso unanime più o meno ovunque (Fassbender è stato premiato a Venezia, la Mulligan è in odore di Oscar), va sottolineata la fotografia di Sean Bobbitt, capace di rendere New York reale e allo stesso tempo poetica, ma anni luce lontana dalla città che ci viene mostrata di continuo dal cinema e dalle serie tv.
In quella stessa metropoli molti anni fa, Paul Morrissey girava con naiveté gli incontri licenziosi e sguaiati tra i bei giovani della Factory di Warhol e Kubrick poi vi avrebbe disegnato le inquietudini sessuali di fine Millennio in “Eyes Wide Shut”. Ora McQuenn ci torna per chiudere il cerchio e per rappresentare l'aridità dell'attuale generazione, collocandovi questa sorta di Patrick Bateman di ellisiana memoria, che negli stessi freddi grattacieli alle proprie vittime non toglie la vita, ma solo qualche minuto di egotistico piacere; quasi a dimostrare che quel sesso che era visto come un surrogato dell'affetto nel cinema che fu, oggi ne è proprio l'esatta negazione.

[emiliano duroni]