Sbirri
id.
Regia
Roberto Burchielli
Sceneggiatura
Roberto Burchielli, Duccio Camerini
Fotografia
Gigi Martinucci
Montaggio
Elvis Millesi, Alessandro Paseri
Scenografia
Stefano Giambanco
Costumi
Stefano Giovani
Musica
Fabrizio Lamberti
Interpreti
Raoul Bova, Luca Angeletti, Simonetta Solder, Alessandro Sperduti
Produzione
RTI, Sanmarco, H24FILM
Anno
2009
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
100'
Distribuzione
Medusa Film
Uscita
10-04-2009
Giudizio
Media

“Siamo persone normali che fanno un mestiere particolare.” Questa è la definizione di poliziotto, o sbirro, dato da uno di loro, componente del nucleo di Unità Operativa Criminalità Diffusa (U.O.C.D.) di Milano, protagonista insieme ad altri 4 colleghi alla pellicola Sbirri di Roberto Burchielli.
Una sorta di UFO nel campo cinematografico italiano, per un film che su una struttura di finzione narrativa – Matteo Gatti, reporter d’assalto viene colpito da un grave lutto: la morte del figlio sedicenne per overdose – inserisce veri e propri filmati di azione della polizia del reparto U.O.C.D. con pedinamenti, arresti ed interrogatori. A far da congiunzione tra questi due mondi, Raoul Bova, che con l’autorizzazione del Ministero dell’Interno si è camuffato ed ha vissuto per un intero mese con il nucleo speciale di polizia partecipando alle azioni dell’antidroga, agli arresti, agli interrogatori, che dunque sono autentici e vissuti in presa diretta.
“Girare Sbirri – ricorda il regista - ha richiesto l’utilizzo d’attrezzature d’ultima generazione che ci hanno permesso di lavorare con agilità in azioni ad alto rischio. Tutto è stato girato in alta definizione, con camere speciali ad altissima risoluzione, anche a chilometri di distanza e in qualsiasi situazione di luce. Per l’audio sono stati usati microfoni direzionali in dotazione ai servizi segreti.
E’ stato fatto tutto il possibile per dare allo spettatore la sensazione di essere sempre al fianco dei nostri personaggi, vivendo in pieno tutte le loro emozioni… Una troupe cinematografica che si è annullata completamente, diventando una presenza impalpabile, con l’intento di registrare fedelmente tutti gli accadimenti senza alterarli.”
Il risultato è una creatura bicefala e di difficile interpretazione. Tanto riuscita, interessante e convincente quando la realtà dei pedinamenti, delle indagini dei frammenti di vita dei reali poliziotti prende il sopravvento, quanto costruita, artefatta, inutilmente noiosa la struttura di finzione caratterizzata da uno stile di regia dato da movimenti continui della macchina a mano; fastidiosissimi rallenti per esaltare i momenti di maggior carica emotiva; una recitazione sopra le righe che se sei Marlon Brando passi… ma se sei Raoul Bova rischi di cadere nel facile ridicolo; un commento sonoro arrogante nelle sue entrate in scena ed ossessivamente monotono fino alla nausea.
Quello che rimane e da salvare è l’affresco di questi uomini e donne delle forze dell’ordine che vivono il loro mestiere come una missione, come una passione che 1000/1200 euro al mese non riescono a spegnere. Ritratti di persone normali… che hanno solo scelto un mestiere particolare. [fabio melandri]