Salt
id.
Regia
Phillip Noyce
Sceneggiatura
Kurt Wimmer
Fotografia
Robert Elswit
Montaggio
Stuart Baird, John Gilroy
Scenografia
Scott Chambliss
Costumi
Sarah Edwards
Musica
James Newton Howard
Interpreti
Angelina Jolie, Chiwetel Ejiofor, Liev Schreiber, Yara Shahidi, Zoe Lister Jones
Produzione
Di Bonaventura Pictures, Relativity Media, Columbia Pictures
Anno
2010
Nazione
USA
Genere
azione
Durata
100'
Distribuzione
Sony Pictures Releasing
Uscita
29-10-2010
Giudizio
Media

“Chi è Evelyn Salt?” Questo l’interrogativo attorno al quale gira la nuova spy story di Phillip Noyce.
Evelyn Salt (Angelina Jolie) è un agente della CIA che in numerose missioni ha dimostrato la sua dedizione per il Paese. Ma la sua fedeltà viene messa in discussione da una prigioniero che accusa Evelyn di essere una spia russa sotto copertura, addestrata dal KGB da bambina per inserirsi sin da piccola come cellula dormiente negli Stati Uniti.
Da qui si scatena una caccia “alla donna” ai limiti del videogames, che riporta la Jolie a ripetere le acrobazie di Lara Croft. L’agente Salt è fuggita per difendersi dalle accuse o perché è veramente una spia russa? La storia purtroppo non riesce ad andare oltre questo quesito. La questione dell’identità della protagonista sembra essere l’unica arma, l’unico artificio che la sceneggiatura usa per costruire un gioco di inganni per lo spettatore, e per portare avanti la narrazione.
Un susseguirsi di colpi di scena prevedibili in un gioco delle parti che non convince fino in fondo.
Noyce scomoda i vecchi miti dello spionaggio mondiale, la guerra fredda e l’ipotesi di cellule dormienti pronte a fare saltare il governo degli Stati Uniti. La “minaccia russa”, il pericolo di un conflitto nucleare, non vengono filtrate dal tempo e dalla storia, riportandoci alle atmosfere di certo cinema di spionaggio degli anni ottanta. “Little Nikita” di Richard Benjamin del 1988 con Sidney Poitier e River Phoenix, per citarne uno la cui somiglianza è più prossima, racconta di un ragazzo che scopre che i proprio genitori sono delle spie russe inviate in incognito negli Stati Uniti come agenti dormienti pronti ad attivarsi per servire la propria patria.
Ma qual’è la propria patria dopo anni? Anche in Salt viene sollevato lo stesso dilemma, forse in modo più crudo ma meno elaborato. Le parti sono delineate chiaramente (chi sono i buoni e chi i cattivi), rimane capire da che parte stanno veramente i personaggi.
Il personaggio della Jolie, inizialmente presentata come un agente che ha scelto il lavoro di ufficio alle missioni, finisce per ricalca quello di Anne Parillaud in “Nikita” di Luc Besson del 1990. Ma il passato di Salt, per quanto drammatico, non è vissuto col dolore disperato della spia francese.
Evelyn Salt è risoluta, guarda avanti, non si scompone. Un eroina bidimensionale mossa da sentimenti forti come l’amore per il proprio uomo e la vendetta, ma che ha sempre la situazione sotto controllo più di qualsiasi James Bond. L’azione pura prende il sopravvento sulla trama, già esile.
Infondo il film rinuncia a priori a raccontare le motivazioni dei personaggi e i loro sentimenti, delineandoli rapidamente e sacrificando quelli che credo siano gli spunti più interessanti (la vita della protagonista rubata sin dall’infanzia, il sistema delle cellule dormienti, il gioco delle maschere, la vecchia dicotomia tra URSS e USA, la paura del nucleare e una donna che non ha nulla da perdere e che non si ferma davanti a nulla); non approfonditi, ma presenti come sfondo dell’azione. Sicuramente il legame più forte col presente, con le spy story degli ultimi anni, lo ha con la serie televisiva ALIAS con Jennifer Gardner, di cui riprende moltissimi elementi, dalla eroina che sacrifica la propria vita sentimentale, agli inganni continui che minano le certezze dello spettatore. Sicuramente il film rimane un action movie, che tiene incollato allo schermo lo spettatore, costruito interamente su un’attrice ormai capace di sostenere ruoli da dura forse più di Bruce Willis. [andrea pirrello]