I più grandi di tutti
id.

Anno 2011

Nazione Italia

Genere commeda

Durata 99'

Uscita 04/04/2012

distribuzione
Eagle Pictures

Regia
Carlo Virzì
Sceneggiatura
Carlo Virzì
Fotografia
Ferran Paredes Rubio
Montaggio
Simone Manetti
Scenografia
Roberto De Angelis
Costumi
Maria Cristina La Parola
Musica
Carlo Virzì
Produzione
Indiana Production, Motorino Amaranto, Eagle Pictures,
Rai Cinema
Interpreti
Claudia Pandolfi, Alessandro Roja,
Marco Cocci,
Corrado Fortuna

 

Il rock sudato e ruspante dei garage e delle cantine di cui al momento in Italia non c'è traccia, è stato soffocato da qualche potere occulto, si è timidamente suicidato o semplicemente qui non è mai esistito? A questa domanda potrebbe rispondere il ritorno dietro la macchina da presa di Carlo Virzì, a più di 5 anni da “L'estate del mio primo bacio”.

Al centro delle vicende ci sono i Pluto, immaginaria band di hard-rock cafone, che ebbe un flebile momento di gloria negli anni '90 e che oggi, dopo lo scioglimento, vede i suoi quattro membri alle prese con un quotidiano poco meno che prosaico. C'è il batterista stralunato Loris (Alessandro Roja con appropriata t-shirt di Daniel Johnston) alle prese con moglie e figlio senza un lavoro fisso; il cantante e ribelle Mao (Marco Cocci con maglia d'ordinanza dei Motorhead) anarcoide e pieno di debiti; la bassista Sabrina (Claudia Pandolfi) imbrigliata in una relazione “borghese” con un agente immobiliare; il chitarrista Rino (Dino Kappa Cappanera, sicuramente il personaggio più originale e riuscito) ingrigito da un lavoro in fabbrica. A fare incrociare di nuovo le loro strade ci pensa Ludovico (Corrado Fortuna), fan sfegatato e paraplegico, che pur di rivederli insieme e fare un documentario su di loro è disposto a spendere quattrini ed energie a profusione. Per qualcuno persino questi quattro anonimi ultratrentenni sono stati “i più grandi di tutti”, peccato che gli idoli visti da vicino perdano molto del loro fascino.

“È una città piena di perdenti e io me ne sto andando per vincere”, recita il finale di “Thunder Road” di Springsteen, e infatti l'evasione spesso frustrata dalla provincia o dalle periferie è stata da sempre un pilastro della poetica rock, ripresa anche da molto cinema a stelle e strisce. Virzì, che è musicista prima che cineasta, rimescola tutto in salsa livornese con tanta passione e freschezza, aiutato nell'impresa da una bella fotografia. A non supportarlo c'è una sceneggiatura poco dinamica che mette in scena meno risate e sorprese di quanto prometta, oltre a personaggi troppo stereotipati e chiusi nelle loro pose.

Sarà un caso ma se i quattro atipici eroi fanno una gran fatica ad uscire dalle barriere che li costringono, anche la scelta di calcare la mano sull'ambientazione toscana con tanto di inflessioni dialettali e parolacce a go-go, più che una soluzione “sicura” si rivela una sorta di penalizzante vizio di famiglia di casa Virzì. Lasciare traccia uscendo dal seminato non è impresa da poco, i Pluto e migliaia di schiere di ignoti e presunti giganti dell'arte lo hanno imparato a proprie spese; speriamo che questo ennesimo tentativo serva almeno come un invito a coltivare la propria “genuinità”.
[emiliano duroni]