Manolete
id.
Regia
Menno Meyjes
Sceneggiatura
Menno Meyjes
Fotografia
Robert Yeoman
Montaggio
Sylvie Landra
Scenografia
Salvador Parra
Costumi
Sonia Grande
Musica
Gabriele Coen, Mario Rivera
Interpreti
Adrien Brody, Penélope Cruz, Santiago Segura, Juan Echanove
Produzione
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Anno
2007
Nazione
Spagna, UK, USA, Francia
Genere
drammatico
Durata
115'
Distribuzione
Eagle Pictures
Uscita
14-05-2010
Giudizio
Media

Manolete è un film che tratta il suo pubblico come un cretino. I frequenti rimandi di montaggio a scene di poco precedenti paiono un “Manolete for Dummies” sovrapposto alla pellicola vera.
Una simile affermazione, in testa ad una recensione può sembrare un'esecuzione sommaria, ma non è così. Manolete sintetizza colpa e contrappasso, dove la colpa è l'aberrante scelta della visione, il contrappasso il trattamento di cui all'inizio.
Manolete, leggendario torero freudianamente proteso verso la muerte, si innamora di Penelope Cruz. Sarà osteggiato da madri, manager e Franco. Poveretto (il torero, eh, mica Franco).
Il film arriva in Italia a due anni dalla sua uscita spagnola e la fiducia nutrita dal distributore nei confronti di questo film è palesata in un bookpress, consegnato all'anteprima, dove le filmografie del cast sono aggiornate al 2006. Probabilmente il film in discussione faceva parte di un pacchetto di pellicole, altrimenti non si spiega cosa sperino di tirarne fuori. Forse puntano a accalappiare qualche pensionato degli spettacoli pomeridiani, ma con un simile coso mi pare già un calcolo ottimistico. Diciamoci la verità: annichilito e sconfortato da cotanta noia sono uscito dalla sala a una decina di minuti dal finale effettivo, dopo che era almeno un'ora che combattevo una guerra interiore per non farlo. Una cosa del genere, con un film visto in sala, è la prima volta che, non dico la faccio, ma che mi viene anche solo in mente di farla. Nemmeno con Moccia... nemmeno con Moccia. [davide luppi]

Arte e Sogni (La Corrida nel periodo successivo alla Guerra Civile)
La Spagna degli anni ‘40, immediatamente dopo la Guerra Civile, era un paese povero e sofferente, dove si percepiva un disperato bisogno di nuovi idoli. Era un paese dove non esistevano sfumature e dove qualsiasi cosa era o bianca o nera; la corrida poteva essere paragonata alla tv nazionale a colori, essa rifletteva l’immagine di un paesaggio macchiato di sangue e sabbia. A quei tempi alcuni uomini viaggiavano per il paese incarnando il mito più antico di tutti: l’uomo contro il toro, l’uomo contro sé stesso. Manuel Rodríguez Sánchez, detto "Manolete", fu il primo di quegli ultimi eroi. Un torero dall’ombra lunga, dallo sguardo triste e dall’espressione mestamente seria. Era considerato il Maestro dell’arena, si muoveva sulla sabbia con fare delicato e cupo. Il suo talento per la corrida era unico. Fu lui a riportare austerità ed eleganza all’interno delle arene e fu lui a rinnovare l’arte della corrida. Durante il suo breve trionfo - morì a soli trent’anni- realizzò il sogno di tutti coloro che vennero prima e dopo di lui: riempire le arene di folle entusiaste. Reinventò la "Fiesta". Dimenticò la paura e giocò con la morte.

MANOLETE: Il Mito e la Morte
Manuel Laureano Rodríguez Sánchez nacque a Cordoba il 4 luglio del 1917. Era un bambino pallido, debole e di natura triste. Suo padre - un torero soprannominato come lui Manolete - morì quando il figlio aveva appena 5 anni. Era il 1923, Manuel, sua madre e le sue sorelle vivevano in condizioni disagiate nel quartiere di Santa Marina. L’uomo che molti anni dopo avrebbe incantato il mondo con le sue doti di torero crebbe in una casa molto modesta e spesso soffrì anche la fame. Studiò presso i Fratelli Salesiani a Cordoba fino all’età di undici anni. La sua infanzia difficile lo costrinse a maturare prima del tempo. Manolete non ci mise molto a mettere a confronto la prosperità dei toreri di maggior successo e la sventura di coloro che vivevano nella sua stessa condizione sociale. Tutto questo, oltre al fatto che nelle sue vene scorreva il sangue dei toreri (era figlio di un torero, oltre che pronipote di Pepete e Machaquito), lo convinse a sfidare la fortuna nell’arena. Si mise di fronte ad un toro per la prima volta a soli dodici anni. Un anno dopo, fece la sua prima apparizione pubblica alla scuola di toreri di Montilla (Cordoba), e poco dopo entrò a far parte dello show itinerante di toreri intitolato "Los Califas".

Nel Giugno del 1939, combatté nella sua ultima corrida come "novillero" (apprendista torero) e, un mese dopo, a Siviglia, divenne un matador a tutti gli effetti. Il 12 ottobre di quello stesso anno Marcial Lalanda lo confermò come torero professionista. Quel pomeriggio – il suo successo fu memorabile – il terzo torero a scendere nell’arena fu Juan Belmonte. Per Manolete era iniziata l’ascesa verso la fama.

Negli anni successivi, non ci fu corrida importante a cui lui non prese parte. Andò a Siviglia, Alicante, Bilbao, Barcellona e Madrid. Manolete divenne presto la stella più luminosa tra tutti i toreri spagnoli. Alla fine della stagione del 1945 attraversò l’atlantico per combattere in Messico, Perù, Venezuela e Colombia dove, ancora una volta, dimostrò il suo talento speciale. Il suo fu un successo straordinario, Manolete divenne il torero più famoso del mondo.

L’arrivo sulla scena di nuovi matador oltre alla stanchezza accumulata fecero sì che Manolete considerasse la possibilità di ritirarsi. Fu incornato a morte il 28 agosto del 1947, nella corrida di Linares, poco dopo aver compiuto 30 anni. Fino ad allora, aveva affrontato oltre mille tori ed era rimasto ferito trenta volte. Non si sposò mai. Alla sua fidanzata, l’attrice Lupe Sino, non fu permesso di entrare nella stanza dell’ospedale di Linares dove egli morì alle 5:07 del 29 agosto.