Django Unchained
id.

Anno 2012

Nazione USA

Genere western

Durata 165'

Uscita 17/01/2013

distribuzione
Warner Bros. Pictures

Regia
Quentin Tarantino
Sceneggiatura
Quentin Tarantino
Fotografia
Robert Richardson
Montaggio
Fred Raskin
Scenografia
J. Michael Riva
Costumi
Sharen Davis
Produzione
Columbia Pictures, Weinstein Company
Interpreti
Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo Di Caprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson, Sacha Baron Cohen, Don Johnson

 

Ogni film di Tarantino è un vero e proprio evento, carico di aspettative tutte da confermare.
Così è stato anche per l'ottavo capitolo della sua filmografia Django Unchained, omaggio personalissimo al genere americano per eccellenza, il western. Non siamo dalle parti del revisionismo doloroso alla Clint Eastwood (Gli Spietati) e neanche allo spaghetti-western “alto” di Sergio Leone; “Ho sempre desiderato fare un western. Amo il genere – racconta il regista – ma siccome ho sempre preferito gli Spaghetti Western ho pensato che se mai ne avessi fatto uno, sarebbe dovuto assomigliare a quelli di SergioCorbucci.”
Riprendendo quindi il personaggio dell'omonimo film del 1966 Django, “la D è muta”, con Franco Nero (che compare in un gustoso cameo nel film) Tarantino racconta l'incontro tra il cacciatore di teste Schultz (Christoph Waltz) e lo schiavo Django, liberato dal primo e divenuto di questo socio in affari. L'obiettivo finale è liberare la moglie dello schiavo liberato ridotta a serva in una delle più famigerate piantagioni del profondo sud, Candyland, di cui è proprietario, negriero e appassionato di lotta tra mandingo, l'infimo Calvin Candie (Leonardo Di Caprio).

Ma mai come in questa sua ultima fatica, la storia è un puro pretesto per mettere in scena situazione e personaggi che nella reciproca interazione raccontano lo schiavismo in America. Lo schema è il medesimo di quello usato con successo in Bastardi senza gloria raccontando il nazismo e la lotta di liberazione. Qui il giochino riesce meno, proprio perchè i personaggi tendono a mangiarsi una storia che suscita poco interesse ed è più trascinata dalla personalità degli attori messi in campo, piuttosto che l'inverso.
Rimaniamo incantati dai dialoghi (è qui Tarantino conferma di essere un eccellente dialoghista rispetto al suo essere sceneggiatore e regista) eccellentemente interpretati da Christoph Waltz (vero perno del film e fonte ispiratrice intorno al quale ruota l'interesse spettatoriale del film, tanto che alla sua uscita di scena la luce si spegne) ed in misura minore da Jamie Foxx (Django), Leonardo Di Caprio (più divertito dal suo ruolo che divertente) e Samuel L. Jackson che brilla per ambiguità nel ruolo di assitente/mentore di Di Caprio, a metà strada tra lo shakespeariano Yago e Sir Biss il serpente consigliere del Principe Riccardo nel Robin Hood della Disney.

Il risultato è un Tarantino minore, che funziona ad intermittenza, forse eccessivamente lungo (2h e 45 minuti) mal divisi nei due atti che compongono la storia: la ricerca della moglie, il tentativo di liberazione. L'entusiasmo del regista produce barocchismi narrativi che appesantiscono il film, e sfiancano talvolta la pazienza degli astanti.

Il risultato finale e chiaroscurale, con lampi di genio sparsi qua e la e momenti di stanca inusuale. Tra Sergio Leone e Sergio Corbuccci, alla fine ci ritroviamo più dalle parti di Enzo Barboni, meglio noto come E.B. Clucher regista di Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità, a cui Django Unchained rende omaggio musicalmente nel finale. E non crediamo in una semplice coincidenza. [fabio melandri]