Diaz
id.

Anno 2012

Nazione Italia, Francia, Romania

Genere drammatico

Durata 120'

Uscita 13/04/2012

distribuzione
Fandango

Regia
Daniele Vicari
Sceneggiatura
Daniele Vicari,
Laura Paolucci, Alessandro Bandinelli,
Emanuele Scaringi
Fotografia
Gherardo Gossi
Montaggio
Benni Atria
Scenografia
Marta Maffucci
Costumi
Roberta Vecchi, Francesca Vecchi
Musica
Teho Teardo,
Balanesco Quartet
Produzione
Fandango, Mandragora Movies, Le Pacte
Interpreti
Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich,
Elio Germano,
Davide Iacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa,
Mattia Sbragia,
Paolo Calabresi,
Eva Cambiale

 

La premessa è assolutamente necessaria per poi contestualizzare quanto verrà di qui a poco scritto su Diaz di Daniele Vicari.
La violenza, da qualunque parte provenga, è da condannare senza SE e senza MA; se poi proviene da quelle forze di polizia preposte alla salvaguardia e difesa della popolazione civile, a maggior ragione.

Detto questo il film di Daniele Vicari è pura pornografia della violenza. La sua debolezza risiede nella sua stessa ragione di interesse: raccontare quella terribile notte di sabato 21 luglio in cui 300 operatori delle forze dell'ordine fecero irruzione nel complesso scolatico Diaz-Pascoli di Genova, sede del Media Center del Genoa Social Forum durante il G8 di 11 anni fa. 93 arresti e 87 feriti tra giovani, vecchi, giornalisti, manifestanti tedeschi, spagnoli, italiani, inglesi, svedesi, svizzeri, polacchi, americani, canadesi insieme a un turco, neozelandese e lituano. Molti degli arrestati furono successivamente trasferiti a Bolzaneto, la caserma-carcere dove per tre giorni subirono violenze di ogni genere.

Il film così concentra la sua attenzione sul momento dell'irruzione nella scuola offrendo agli occhi dello spettatore almeno un'ora di violenze intollerabili, come si fosse catapultati all'interno di un capitolo qualsiasi di Hostel. Sebbene, come precisato dal produttore Domenico Procacci, il film si basi sulle testimonianze e documenti al centro del processo su 29 dei 300 poliziotti coinvolti nei fatti, questo si guarda bene di raccontare gli eventii che precedettero e in qualche modo causarono tale notte.

I fatti esecrabili della Diaz e Bolzaneto furono i risultati di una catena di azione-reazione che si svolse nei giorni precedenti mettendo a ferro e fuoco un'intera città, contando 1000 feriti, 280 persone arrestate, 50 miliardi di lire di danni subiti con 41 negozi, 83 auto, 9 uffici postali, 6 supermercati, 34 banche, 16 pompe di benzina, 4 abitazioni private, 9 cabine telefoniche, 1 carro attrezzi distrutti e dati alle fiamme, senza contare la morte del giovane Carlo Giuliani colpito da un proiettile partito da una camionetta dei Carabinieri sotto assedio, a cui lo stesso Giuliani stava partecipando armato di un estintore.

La Diaz fu l'anello di una catena di eventi; concentrandosi su quello e trascurando i precedenti, il film finisce per illustrare senza spiegare (come forse il cinema dovrebbe aiutare a fare, dopo un arco di tempo di 10 anni), dando una visione dei fatti semplicistica e manichea, con i buoni tutti da una parte (i manifestanti rappresentati come studenti in gita e tralasciando le violenze commesse da una parte, minima rispetto alla massa, di loro)
ed i cattivi dall'altra (la polizia, dipinta come ignoranti, sbruffoni, violenti come ufficiali delle SS naziste, che solo nei pessimi poliziotteschi degli Anni Settanta ricordavamo). Se giustamente vengono sottolineate le nefandezze delle forze dell'ordine andate sopra le righe, altrettanto si sarebbe dovuto fare con l'altra parte e non bastano i dieci minuti in cui due giovani black-bloc danno fuoco ad un'automobile, così come non basta la figura del poliziotto con una coscienza (interpretato da Claudio Santamaria) a fare da contrappeso dell'immagine negativa data dalle forze di polizia.

La pellicola, al di là delle sue intenzioni, risulta tanto debole nelle premesse, quanto imperfetto nella realizzazione a causa della recitazione di molti giovani attori non all'altezza della situazione e di una sceneggiatura che al di la del nucleo drammaturgico rappresentato dagli eventi all'interno della scuola, risulta dispersiva, arruffata, semplicistica. Vicari da parte sua costruisce una regia nervosa, che sposta lo spettatore dai amrgini ai centri dell'azione, ma forse sedotto da un certo manierismo estetico, insiste troppo su quello che a furia di riproporcela, è da considerarsi la scintilla che causò il tutto: una bottiglia di vetro scagliata da un manifestatnte verso una pattuglia dei carabinieri, riproposta al rallentatore in avanti, in dietro, in soggettiva e via discorrendo. Irritante.
[fabio melandri]