U-Carmen
U-Carmen Ekhayelitsha
Regia
Mark Dornford-May
Sceneggiatura
Mark Dornford-May, Andiswa Kedama, Pauline Malefane
Fotografia
Giulio Biccari
Montaggio
Ronelle Loots
Musica
Georges Bizet, Charles Hazlewood
Interpreti
Pauline Malefane, Andile Tshoni, Lungelwa Blou, Zorro Sidloyi, Andries Mbali, Zamile Gantana, Andiswa Kedama, Ruby Mthethwa, Zintle Mgole, Bulelwa Cosa, Joel Mthethwa, Noluthando Boqwana, Ntobeko Rwanqa
Anno
2005
Durata
120'
Nazione
Sudafrica
Genere
musicale
Distribuzione
Lady Film

Amore, odio, gelosia, vendetta, desiderio, follia. Questi gli elementi che miscelati sapientemente danno forma, vita e sviluppo alla storia tra una seducente operaia del tabacco e l’amante soldato di fanteria nella Siviglia di fine ottocento. Stiamo naturalmente parlando dell’intreccio della Carmen, opera lirica di Bizet trasposta oggi sullo schermo dalla compagnia teatrale africana Dimpho di Kopane per la regia del debuttante Mark Dornford-May e vincitore a sorpresa del 55esimo festival di Berlino.
L’azione si sposta dalla Siviglia della seconda metà dell’Ottocento alla Khayelitsha (Sud Africa) dei nostri giorni, una città affollata, che ospita mezzo milione di persone, di cui il 38 percento disoccupate, molte delle quali vivono in catapecchie al di sotto della soglia di povertà. Il testo originale francese è tradotto in lingua Xhosa (il film viene giustamente distribuito in lingua originale con i sottotitoli), riuscendo a mantenere la stessa originalità, coloritura, vivacità dell’originale. Il cast è composto dalla compagnia teatrale Dimpho di Kopane al gran completo (40 attori e cantanti sudafricani talentuosi in cui spicca la protagonista Pauline Malefane) fondata dallo stesso regista nel 2000 in seguito a oltre duemila provini effettuati in tutto il Sud Africa proprio per la messa in scena teatrale della Carmen, oggi sullo schermo.
Un’opera curiosa, che affascina per il connubio tra le musiche originali di Bizet e le sonorità, i ritmi, le atmosfere delle melodie africane con cui si sposano a meraviglia in un gioco di rimandi emozionali che si susseguono e si rincorrono vicendevolmente. La stessa lingua Xhosa, mantiene in se una melodia connaturata che si sposa a meraviglia, dopo un difficile lavoro di traduzione ed adattamento, alle musiche travolgenti e nello stesso tempo liriche della partitura composta da Bizet.
Girato come un vero e proprio musical, con una regia creativa e nello stesso tempo asciutta ed attenta a mettere in risalto la performance dei suoi cant-attori viene assecondato da una fotografia che pesca nella tradizione del documentario etnografico da una parte e che dall’altra riesce a riproporre sullo schermo tutto il calore, la vivacità, la pastosità dei colori del continente africano. [fabio melandri]

Approfondimenti: 
conferenza stampa