Un matrimonio all'inglese
Easy Virtue
Regia
Stephan Elliott
Sceneggiatura
Stephan Elliott, Sheridan Jobbins
Fotografia
Martin Kenzie
Montaggio
Gregory Nussbaum
Scenografia
John Beard
Costumi
Charlotte Walter
Musica
Marius de Vries
Interpreti
Jessica Biel, Colin Firth, Kristin Scott Thomas, Ben Barnes, Kris Marshall, Kimberley Nixon, Katherine Parkinson, Pip Torrens, Christian Brassington, Charlotte Riley
Produzione
Ealing Studios, Brilliant Films, Endgame Entertainment, BBC Films
Anno
2008
Nazione
UK
Genere
commedia
Durata
95'
Distribuzione
Eagle Pictures
Uscita
09-01-2009
Giudizio
Media

Un matrimonio all’inglese segna il ritorno dopo 10 anni dietro la macchina da presa di Stephen Elliot il geniale e pirotecnico (vedi la sua biografia) regista di Priscilla, la Regina del Deserto.
Per il suo ritorno, si affida alla penna appuntita e sarcastica del commediografo inglese Noel Coward ed alla sua commedia Easy Virtue, scritta dall’autore nel 1924, a soli 23 anni e come scrisse un noto critico teatrale a proposito della sua prima messa in scena: “Easy Virtue è un meraviglioso esempio dell’abilità di Coward di minare dall’interno l’alta società, che molti danno per scontato abbia sempre celebrato.Si tratta di un attacco selvaggio contro l’ipocrisia dell’inizio degli anni ’20 e contro il modo in cui essa sfruttava i principi Vittoriani, già resi obsoleti dalla guerra, per distruggere le vite di coloro che non riusciva a tenere sotto il suo controllo. Il risultato è uno studio psicologico della repressione sessuale, del senso di colpa e di vendetta, sul cui sfondo si vedono svanire le vecchie certezze e si intravede avanzare l’era del jazz”.
Noel Coward tende a giocare pesante. L’obiettivo dei produttori era quella di rendere tale materia adattabile al gusto moderno del pubblico contemporaneo salvaguardando lo spirito, il colore ed i temi portanti dell’opera: un gruppo di persone che lottano per sopravvivere. Irriverenza ed anarchia erano le chiavi interpretative da utilizzare e chi meglio di Stephen Elliot poteva fonderle in un unicum narrativo effervescente e colorato? Così il regista ricorda il suo approccio al film: “Sciando in Francia, nel 2004, mi sono rotto la schiena, il bacino e le gambe, non ho potuto camminare per quasi tre anni. Ho avuto molto tempo per pensare. Da un po’ meditavo di averne abbastanza dell’industria cinematografica. Quell’esperienza mi ha dato la spinta di cui avevo bisogno. Ero proprio alla ricerca di una buona idea quando Barnaby – il produttore - mi ha fatto conoscere Noel Coward. Il mio primo pensiero è stato ‘perchè mai mi parli di Noel Coward? I film in costume non facevano proprio per me, mai nella mia vita avrei pensato di fare un film in costume! Ma Barnaby disse che quella era esattamente la ragione per la quale mi aveva offerto il film, perciò l’ho letto e mi sono chiesto: ‘Cosa c’è in questo film?’ Poi, in quel piccolo senso di ribellione che è insito nel film, in cui una ragazza moderna come Larita sembra essere stata trascinata in un film in costume e lentamente perde la testa… E’ lì che ho trovato me stesso come sceneggiatore. Ho pensato che sarebbe stato divertente. Ovviamente non mi hanno concesso di aggiungere nessuno dei miei tipici scherzi triviali, né di travestire gli uomini da donna, hanno dovuto tenermi a bada.”
Così la storia del matrimonio che non avrebbe dovuto farsi né ora né mai tra l’americana ed emancipata Larita (Jessica Biel) e l’inglesissimo John Whittaker (Ben Barnes), osteggiato dalla di lui stoica e nevrotica madre (Kristin Scott Thomas) e appoggiato all’indolente di lui padre (Colin Firth), si trasforma attraverso gli occhi del più irriverente e pungente australiano, in una colorata e frizzante guerra anglo-americana travestita da musical senza balli con punte di sophisticated comedy assai poco sophisticated.
Presentato ed applauditissimo all’ultima edizione del Festival di Roma, Un matrimonio all’inglese è una pellicola che ha un solo difetto: ispira una irrefrenabile ed irresistibile allegria. [fabio melandri]