Romeo e Giulietta
Autore: William Shakespeare Traduzione: Massimiliano Palmese
Regia: Giuseppe Marini
Scene: Alessandro Chiti Costumi: Mariano Tufano
Maestro d'armi: Francesco Manetti Musica: Marco Podda
Produzione: Società per Attori e Teatro Stabile del Veneto
Interpreti: Sonia Barbadoro, Mauro Conte, Riccardo Francia Benvolio, Fabio Fusco, Marco Grossi, Simone Pieroni, Nicolò Scarparo, Eleonora Tata, Francesco Wolf, Lucas Waldem Zanforlini
Anno di produzione: 2010 Genere: tragedia
In scena: Fino al 21 novembre al Teatro Della Cometa di Roma

Se Shakespeare avesse voluto immaginare una versione rock del suo “Romeo e Giulietta” l’avrebbe immaginata così: atmosfere cupe, toni declinati dal viola al nero, visi bianchi con grandi occhi scuri.

L’accostamento a Tim Burton è immediato, oltre che manifestamente voluto dallo stesso regista. Giuseppe Marini disegna in questo modo una tragedia nuova: dipinge i protagonisti con tocco leggero, lasciando che ciascuno di essi prenda corpo e si definisca autonomamente e compiutamente. La vera natura dell’amore, la freschezza, la rapida intensità di quei momenti sono nei gesti e nelle parole di Romeo e di Giulietta, vestiti di un amore che è “troppo”. I giovanissimi protagonisti Lucas Waldem Zanforlini ed Eleonora Tata riescono a incarnare i tumulti della passione della loro età, senza stonature. Ognuno di essi si concede il proprio spazio, assapora le parole, facendole proprie e restituendole al pubblico senza toglierne l’elegante poesia. Ne è un esempio Mercuzio nel racconto della regina Mab, grazie alla vibrante interpretazione di Mauro Conte. Il testo, mirabile ma difficile da recitare senza essere declamato, emerge qui in tutta la sua bellezza, attraverso la traduzione fedele alla rima di Massimiliano Palmese.

In quasi tre ore di spettacolo la vita dei due innamorati di Verona appassiona lo spettatore come se non ne conoscesse l’epilogo, anche se tra i due atti il primo è certamente più riuscito. Un balcone che diventa teatrino per ospitare la famosa scena; una balia (la bravissima Sonia Barbadoro), col vizietto di alzare spesso il gomito; frate Lorenzo che sembra pattinare, un po’ sensale un po’ Mago Pancione interpretato da Marco Grossi, l’ultimo intenso valzer della morte. A impreziosire lo spettacolo, l’ottimo lavoro ai costumi di Mariano Tufano: tanti, curati nel dettaglio, gotici. Uno nuovo Shakespeare per una tragedia nuova: non riletta né ripensata. Diversa, originale, sottilmente bohemien.
[patrizia vitrugno]


 
foto di marta ferranti