Il lottatore
Autore: Fabrizio Ansaldo Adattamento:
Regia: Fabrizio Ansaldo
Scene: Fabrizio Ansaldo Costumi: Maria Chiara Orsini
Musica: Alberto Del Re
Realizzazione grafica: Antonella Segreto
Compagnia: Produzione:
Interpreti: Stefano Fregni, Ivan Ristallo, Corrado Siddi
Anno di produzione: 2008 Genere: drammatico
In scena: fino al 29 Marzo al teatro dell’Orologio sala Artaud, via dei Filippini 17, Roma.

Dimenticare, rivivere e forse ricordare.
Un uomo (Stefano Fregni) ha rimosso dalla mente, dalla memoria la sua vita e le emozioni vissute negli anni addietro. La scena cerca, attraverso continui flash back spazio-temporali, di ricostruire la vicenda del protagonista. Con lo scorrere delle immagini sceniche, ci si domanda se è realmente stato un pugile; se ha davvero trascorso una notte di bagordi a Londra negli anni Sessanta con un lottatore di colore o se invece si sono incontrati sul ring. Dai ricordi (senza soluzione di continuità) si passa ai sentimenti: ha mai amato o è stata un’illusione continua, provocata dal poco affetto ricevuto da una madre fredda e distante? È probabile che fosse un rapporto di sudditanza o finzione anch’esso.
I tre interpreti (Stefano Fregni, Ivan Ristallo e Corrado Siddi) si muovono dentro un ring; sul palcoscenico ci sono oggetti tipici dei boxeur, come una sedia dalle dimensioni ridotte, degli asciugamani e una corda. Ma il dubbio persiste: è davvero la carriera del protagonista, o è solo un sogno mai portato a compimento?
Fabrizio Ansaldo, regista e autore del testo, dichiara: “Si muore e si vive ogni momento nella memoria di qualcuno. Viviamo per ricordare ed essere ricordati. Viviamo di ricordi. I ricordi vanno continuamente creati, coltivati. Accumulare quanti più ricordi possiamo. Il tempo della memoria, il tempo della coscienza. Un tempo sempre uguale a se stesso. Ci sforziamo di vivere la realtà. Ma la realtà non è il nostro tempo vero”. Il regista romano tenta di portare sul palcoscenico la frammentazione emozionale con infiniti cambi di scena, momenti morti e musiche distorte che spezzettano la vicenda, aumentando la sensazione di spaesamento nello spettatore. La difficoltà però è superiore al coinvolgimento, che si perde nel vano tentativo di comprendere la vicenda. Forse sarebbe stato meglio ridurre le “informazioni” sensoriali e i cambi di scena.

[valentina venturi]