Fammi ridere, Lilì


Anno
2012

Genere
drammatico

In scena
teatro belli

Autore
Roberto Lerici
Regia
Carlo Emilio Lerici
Al pianoforte
Dino Mancino
Interpreti
Francesca Bianco,
Andrea Buscemi

 

Sono trascorsi 20 anni dalla morte di Roberto Lerici e di geni come lui se ne sente, forte, la mancanza. “Fammi ridere Lilì” è uno spettacolo presentato in prima assoluta al Teatro Belli di Roma, testo vincitore del Premio Nettuno 1986 e messo in scena da Francesca Bianco e Andrea Buscemi sotto l’attenta e rispettosa regia di Carlo Emilio Lerici.

Si parla di mancanza, perché ascoltando un testo così articolato, intelligente, ricco di seconde letture, drammaturgicamente inattaccabile non si può non rimpiangere la carenza di autori di tale livello.
La messa in scena è introdotta dalla proiezione di un documentario realizzato per la Rai dal giornalista Moreno Cerquetelli intitolato “Roberto Lerici: il vizio della sperimentazione”. Un modo per ricordare a quanti lo avessero dimenticato chi era Lerici attraverso le parole di chi con lui ha maggiormente collaborato: Antonio Salines, Gigi Proietti, Carmelo Bene.

La Lilì del titolo è una vedette, ex stella del varietà; Bernardo è il compagno, sia in scena che nella vita. Un camerino-palcoscenico ospita i loro dialoghi, i loro ricordi e le prove di quello che dovrebbe essere lo spettacolo della loro rivincita artistica. Accompagnati dalle note al pianoforte di Dino Mancino, ripercorrono la loro vita quasi per esorcizzare il tempo che scorre e che va via portando con sé la giovinezza e le luci festose del Varietà.

Francesca Bianco e Andrea Buscemi si alternano in battibecchi a suon di rima, si passano la palla in un gioco all’ultima battuta che tiene sempre alto il livello di attenzione, nonostante ci si confronti con testi di una poesia colta non sempre accessibile a una platea poco avvezza. La grandezza di un testo di questo tipo e, di conseguenza, di un tale autore risiede nell'arrivare allo spettatore, sempre e comunque: richiamarlo a sé facendo leva sui sentimenti e sulle emozioni. Il tutto viene legato con una prosa linguisticamente elevata ma che contiene le verità della vita dell’uomo comune, della quotidianità.
[patrizia vitrugno]