Condominio Occidentale
Autore: Paola Musa Adattamento: Paola Musa, Tiziana Sensi
Regia: Tiziana Sensi e Angelo Libri
Scene: Lodovica Cantonio di Ceva Costumi:
Luci: Marco di Campli Musica: Dario Rosciglione
Produzione: TeArca Onlus e Vivi Vejo Onlus
Interpreti: Gerry Longo, Alessandro Waldergan, Giovanni Sansonetti, Mariateresa Pascale, Doriana Bandinelli, Federica Carbonin, Rosanna D'Amato, Agostino D'Antoni, Thomas Luciow Frossard
Anno di produzione: 2010 Genere: drammatico
In scena: Fino al 5 dicembre dicembre al Teatro Colosseo di Roma

Cecità fisica e intellettuale è il tema del "Condominio occidentale" di Paola Musa e Tiziana Sensi. In un ex-campo nomadi si ritrovano esseri umani senza fissa dimora: invisibili reali e metaforici della società di oggi, i nuovi poveri. Anna, separata con una figlia adolescente; Aurora, impoverita da un ex-marito fannullone che ha dilapidato tutto; Nadine, una marocchina sposata ad un italiano; un impiegato del comune che cerca di trarre profitto sessuale dalle difficoltà di Anna; un gruppo di non vedenti. Infine Augusto, imperatore di questi angeli caduti, di questo regno fatto di stracci, povertà, furbizie e solidarietà.
Un barbone, spettatore esterno di queste storie, tira le fila di uno scenario senza tempo, in cui "nessuno vuole guardare ciò che può diventare": sia gli abitanti del condominio occidentale, sia quelli che lo vedono da fuori, quelli normali. Quante volte guardiamo con imbarazzo un barbone perché ci evoca la paura della povertà? Senza i simboli dello status sociale, senza denaro, chi siamo?
C'è una cecità individuale e collettiva ai reali problemi delle persone, solitudini umane che tentano ma non riescono a comunicare. Temi importanti, forti, terribilmente attuali. Ma la regia sceglie un registro lieve, apprezzabile perché armonioso. Eppure i temi trattati sono duri. Perché non andare fino in fondo e mirare al cuore dello spettatore con una spada, per risvegliarlo dal torpore dell'indifferenza?
L'intenzione forse c'era, testimoniata dalla scelta di dirigere attori non vedenti, ma lo spettacolo segue un ritmo cinematografico, più che teatrale. E' importante la sequenza delle storie, più che la pausa, l'accento per comprendere le vicende. Le luci in dissolvenza sottolineano provvisorietà e frammentarietà, la recitazione è spontanea. Manca l'enfasi teatrale, necessaria per colpire lo spettatore che non vuole solo "vedere" una storia, la vuole sentire, perché il teatro è vivo, è qui, è adesso, non si può ripetere la scena come al cinema. Le parole talvolta si perdono, anche perché il teatro Colosseo, non consente né una visione né un audio appropriati ad un spettacolo teatrale.
Il testo è bello e gli attori sono bravi, ma per trasformare tutto questo in uno spettacolo avvincente, ci vuole più forza e meno armonia: si deve affondare la spada nel cuore della sofferenza umana, senza gentilezze, senza sconti.

[deborah ferrucci]


| edizione 2011 |