Autobiografia della vergogna (Magick)
Autore: Lucia Calamaro Adattamento:
Regia: Lucia Calamaro
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Luci: Gianni Staropoli Musica: -----------------------
Produzione: Teatro di Roma Compagnia: Compagnia Malebolge
Interpreti: Lucia Calamaro, Benedetta Cesqui, Monika Mariotti
Anno di produzione: 2009 Genere: dramma

In scena: Roma Teatro India dal 10 al 15 novembre 2009 | Milano Teatro Litta dal 17 al 22 novembre 2009

Monologhi prolungati, rare interazioni tra le protagoniste, voci salmodianti e uno spazio scenico imponente ma nel contempo senza troppi orpelli. Lo spettacolo Autobiografia della vergogna (Magick) inizia con il sipario-cortina abbassato e una voce, quella della madre (Lucia Calamaro), che racconta di sé, si descrive e mette immediatamente sulla scena la parola protagonista della serata: la vergogna. “La mia vergogna c’era prima di me, io ci sono solo caduta dentro”. Sintesi perfetta della caduta che vivranno anche gli spettatori nelle trame e flussi di coscienza della Calamaro. Il sipario si alza e appaiono le tre entità fisiche che leggono con monotonia le biografie di Beckett, Dostoevskij e Sant’Agostino. Tre autori simbolo delle fondamenta del dramma: introspezione, analisi e descrizione.
Palcoscenico scarno, libri sparsi per terra, qualche sedia e luci che definiscono gli spazi. Lucia Calamaro è la madre, amara e intimidita dallo sguardo altrui. Interagiscono con l’autrice regista Benedetta Cesqui (la figlia) e Monika Margotti (il padre). Le luci creano, definiscono gli spazi: le stanze familiari.
Il frenetico cambio di scena si concretizza con lo il caotico spostamento dei volumi che finiscono attaccati alle pareti: l’orizzonte si organizza in biblioteca (e precisamente, nella biblioteca Richelieu di Parigi).
“Il sottotesto centrale di Magick - come spiega Lucia Calamaro - è la vergogna. Emozione complessa, transgenerazionale, sociale, epidemica e virale, penosa, distruttrice, isolante, non verbalizzata, gemella del segreto, devastante. La vergogna non è senso di colpa, ci si vergogna di essere, non di fare, è un disaccordo metafisico con se stessi. Chi parla della vergogna, la conosce. Eccome. Anche chi viene a vederla. Forse. Altrimenti, per definizione, vive nascosta e non se ne parla".
Spettacolo interessante, le cui redini sono tenute dalle tre interpreti. Spicca l’inquietante voce della regista Calamaro e la maestria corporea di Monika Margotti. [valentina venturi]