Appunti per un film sulla lotta di classe
Autore: Ascanio Celestini
Regia: Ascanio Celestini
Musica: Matteo D’Agostino Luci: Andrea Pesce
Produzione: Fabbrica in collaborazione con Teatro Stabile dell’Umbria, Fandango, Associazione Centenario CGI
Interpreti: Ascanio Celestini con Roberto Boarini (violoncello), Gianluca Casadei (fisarmonica), Matteo D’Agostino (chitarra)
Anno di produzione: 2007 Genere: prosa
In scena: fino all’18 Maggio al Teatro Ambra Jovinelli, Via Guglielmo Pepe 43/47 – Roma Tel. 06 4434.0262 Fax. 06 4461.803

Non sono solo “Appunti”, ma un vero e proprio spettacolo, compiuto a tutti gli effetti. Ascanio Celestini ha debuttato lo scorso 6 maggio al Teatro Ambra Jovinelli di Roma con il suo Appunti per un film sulla lotta di classe. Sulla scena il protagonista è “solo”, assieme ai suoi musicisti: Roberto Boarini al violoncello, Gianluca Casadei alla fisarmonica e Matteo D’Agostino alla chitarra.
Celestini apre spiegando subito cosa sono e come sono nati gli appunti: rivela lo stato “in fieri” dello spettacolo e la posizione comunista, in tutto per tutto simile a quella di un marziano.
Il racconto è una risata amara, uno spaccato della nostra società, uno specchio della condizione diffusa di precariato, non solo lavorativo. A turno, ogni personaggio – in modo personale – prende la parola e racconta la propria esperienza rispetto alla lotta contro il nuovo male della società.
L’Atesia è il più grande call center italiano, vi lavorano quasi 4000 persone, solo l’1% delle quali assunta con contratto a tempo indeterminato. In scena si racconta la storia di questi precari, che hanno cercato di mettere la bomba a orologeria nelle tasche dei padroni. Ma se nelle loro tasche l’ordigno esplode ogni tre mesi, in quelle del padrone mai: c'è sempre qualcuno che lo disinnesca, a volte persino il governo, oppure i sindacati.
La capacità affabulatoria del narrattore romano è nota e apprezzata. La sua ironia semplice e diretta, nasconde riflessioni profonde sulla vita. E se è possibile pensare che questo lavoro manca di quella caratteristica “epica e popolaresca”, di quei toni poetici tipici della narrazione di Celestini, è possibile però riscontrare una venatura maggiormente disincantata nel suo sguardo. È sbagliato, pertanto, sottovalutare l’importanza comunicativa delle storie raccontate: un susseguirsi rapido di frammenti che gettano una nuova luce sulla quotidianità e, di conseguenza, sulle contraddizioni della società. Le vicende dei diversi operatori del call center sono intramezzate dalle parentesi musicali che sostengono tutto lo spettacolo, ora separando gli appunti, ora sottolineandone i collegamenti. L’impatto emotivo delle note dell’ “Internazionale” suonata da un carillon che si confondono con una vecchia canzone anarchica, ne è una intensa dimostrazione. Una prova riuscita, che sottolinea l’esatto equilibrio tra musica e parole in un teatro “impegnato”, ma non per questo noioso.
[patrizia vitrugno]