Amnesie di un viaggiatore senza biglietto
Autore: Augusto Fornari Traduzione:
Regia: Massimiliano Giovanetti
Scene: Costumi:
Luci: Musica: Stefano Fresi
Produzione: Mab Teatro s.r.l.
Interpreti: Augusto Fornari
Anno di produzione: 2011 Genere: monologo comico
In scena: fino al 30 gennaio al Teatro Golden di Roma | via Taranto 36 Roma |tel 0670493 826

Amnesie di un viaggiatore senza biglietto” è l’elogio delle amnesie, che ci consentono di dimenticare le brutture del mondo. Augusto Fornari, protagonista dello spettacolo, presenta la carrellata dei personaggi in modo lieve, poetico, ironico. Entra nella scena come un viaggiatore stralunato (chiari i segni dell’impronta della scuola di Gigi Proietti), le movenze felpate e calibrate, i personaggi studiati nella parola e nel corpo, la grazia del canto, quella sana realtà fatta di persone ascoltate e viste nel mondo di tutti i giorni. Ci riporta al teatro dì varietà, Fornari ha la stoffa del mattatore.

Ecco il viaggiatore su un treno che non sa dove arriva; l’ubriacone filosofo che espone le idee con la bottiglia in mano, sembra perdere il filo del discorso, senza smarrirsi in argomenti diversi. I suoi dialoghi sono circolari, hanno sempre un senso e tornano da dove sono partiti. Ecco allora il fabbricatore di bombe; il fratturato a causa di una buca che diventa sempre più grande, che vanamente cerca di combattere l’idiozia della burocrazia; l’uomo frequentatore delle chat su internet, che conosce Gianna71, si prepara a scaricarla dopo aver consumato il rapporto ma l’esito non è scontato; l’uomo galante alla Charlie Chaplin che recita poesie e offre un fiore alla sua donna, seppure in modo un po’ goffo; il licenziato scontento, perennemente indifferente alle emozioni sue e degli altri; il maestro zen, ovvero “L’inzegnante”, guru della filosofia di vita orientale, con il vaso pieno di cose essenziali e poco importanti.

Fornari indossa un cappello a cilindro, il frac, riprende la valigia e porta con sé i personaggi: svanisce, così come è arrivato. Agli spettatori lascia un riso amaro, il messaggio di una società umana che sa tutto delle nuove tecnologie, ma non conosce la direzione della propria esistenza; utilizza molteplici mezzi di comunicazione per incontrarsi, ma non comunica, se non la paura di entrare in relazione con un altro essere umano, in cui l’onestà di un cittadino è soggiogata da un cumulo di regole a volte inutili, funzionali solo ad altre regole. Umorismo lieve come una carezza: fa ridere, riflettere, senza aggressività o volgarità gratuite. Spettacolo di classe.
[deborah ferrucci]