Amleto
Autore: William Shakespeare Adattamento: Alessandro Serpieri
Regia: Pietro Carriglio
Scene: Pietro Carriglio Costumi: Pietro Carriglio
Musica: Matteo D’Amico
Luci: Gigi Saccomandi
Compagnia: Teatro Biondo Stabile di Palermo Produzione: Teatro Biondo Stabile di Palermo,
Teatro Stabile di Catania
Interpreti: Luca Lazzareschi, Luciano Roman, Galatea Ranzi, Eva Drammis, Nello Mascia, Paolo Musio, Simone Toni
Anno di produzione: 2009 Genere: tragedia
In scena: fino al 5 Aprile al Teatro Eliseo di Roma

Amleto (Luca Lazzareschi), il principe di Danimarca, è disperato. Sente che la morte del padre è ingiusta e biasima i comportamenti della madre e dello zio. Il fantasma del vecchio re rivela al giovane principe che il suo malessere è giustificato e che la verità sulla sua morte è orribile. Da questo momento la punizione dei colpevoli sarà l’unica ragione di vita del principe, che perderà il senno, oltre al resto, per far prevalere un oscuro senso di giustizia.
Amleto è una delle tragedie shakespeariane per eccellenza, uno dei punti massimi del genio del bardo, si potrebbe quasi dire che un testo del genere è bello presentato in qualunque veste. Quest’ultima versione (almeno per ora, visto che il regista Pietro Garriglio la definisce ancora uno studio), non fa offesa a chi l’ha preceduta e metterà sull’attenti, e forse anche in difficoltà, chi ci si cimenterà in futuro. La scelta del testo in versione integrale mette a dura prova sia gli attori che il pubblico, tre ore e quaranta di spettacolo presuppongono una grande dose d’amore sia da parte di chi guarda che di chi sta sul palco, ma tanta fatica è pienamente ripagata dalla bravura degli interpreti e da tutti gli elementi che compongono la rappresentazione.
Ma andiamo per scomposizione. Spariscono collari e costumi legati all’epoca, per lasciare il posto ad un mix di vesti vagamente orientali per il re (Luciano Roman), la regina (Galatea Ranzi) ed altri cortigiani, per Amleto ed altri personaggi; solo Rosencrantz e Guildernstern ed il teschio di Yorick mantengono, in un particolare, un ricordo dell’epoca di Shakespeare.
Le scenografie si riducono a pochi moduli scuri, sostituite da pannelli che velano l’anima dei personaggi o s’illuminano per sottolineare la presenza di un assente; quasi tutto lo spazio del palco è occupato da un ripiano meccanico mobile, che regala volume e spazi diversi alla recitazione, lasciando libero solo un corridoio nel proscenio. Infine il disegno di luci chiare, mescolato a tutto il resto, restituisce agli spettatori un Amleto magnifico, nuovamente vivo nonostante somigli così tanto al suo originale.
[jacopo angiolini]