Le allegre comari di Windsor
Autore: William Shakespeare Traduzione: Fabio Grossi, Simonetta Traversettie
Regia: Fabio Grossi
Scene: Luigi Perego Costumi: Luigi Perego
Luci: Valerio Tiberi
Musica: Germano Mazzocchetti
Produzione: Teatro Eliseo
Interpreti: Leo Gullotta, Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Fabio Pasquini, Rita Abela, Fabrizio Amicucci, Valentina Gristina, Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano
Anno di produzione: 2010 Genere: commedia

In scena: in turnè

Una produzione teatro Eliseo che appaga il cuore e lo sguardo. Quella in scena fino al 9 gennaio nell’edificio a via Nazionale è la commedia in cinque atti di William Shakespeare che racconta come due comari inglesi siano in grado di mettere sotto scacco i propri consorti e persino degli improbabili corteggiatori.

Il regista dello spettacolo Fabio Grossi ricorda come nacque l’opera: “Fu per volontà della regina Elisabetta I che il Bardo riesumò Sir John Falstaff, fatto morire nella sua precedente opera l’Enrico V: nacque così “Le allegre comari di Windsor”. Anche questa nostra edizione, benché passati parecchi secoli, nasce sotto l’occhio vigile e severo della grande Regina: intrighi, scherzi e maramaldate sfileranno così secondo il divertito gusto shakespeariano”. Sul palco un’enorme statua semovente con le sembianze della regina fa da sfondo e osserva gli atti dei suoi sudditi. Tutto ruota attorno a Sir John (un fluido e concentrato Leo Gullotta, che fa da collante all’intero spettacolo) e alla sua ruffiana voglia di denaro: per averlo decide di conquistare Monna Page (Rita Abela) e Monna Ford (Valentina Gristina). Ma per riuscirci invia loro due lettere d’amore identiche, modifica solo il soggetto della missiva. Il truffaldino ignora (o sottovaluta) l’amicizia che unisce le comari. Con scaltrezza e divertenti stacchetti musicali, per ben tre volte le due donne mettono alla berlina lo smargiasso vizioso.

Le scene di Luigi Perego (suoi anche i costumi) avvolgono il palcoscenico con teli che si stendono e richiudono provenienti dalla statua semovente della Virgin Queen, fungendo da fondali che modificano così scena e ambientazione.
La compagnia, formata da Leo Gullotta, è ben affiatata: su tutti spicca Paolo Lorimer, eccellente nel ruolo dell’illetterato curato, che sentenzia con motti latini storpiati e ridicolizzati. Il teatro di Shakespeare è teatro di parola; all’Eliseo, oltre alla perfezione dei dialoghi del bardo, lo spettacolo viene arricchito dalle musiche di Germano Mazzocchetti e dalle semplici ma azzeccate coreografie di Monica Codena.
[alessandra pistolese]