Addio al nubilato
Autore: Francesco Apolloni Traduzione e adattamento:
Regia: Francesco Apolloni
Scene: Emita Frigato Costumi: Ginevra Polverelli
Luci: Marco Palmieri Musica: Rosario Di Bella
Produzione: Viola Produzioni

Interpreti: Michela Andreozzi, Elena Arvigo, Emy Bergamo, Brenda Lodigiani, Denny Mendez

Anno di produzione: 2011 Genere: commedia
In scena: fino al 17 aprile al Teatro De Servi di Roma

Dopo "Sex & the city" le déluge (il diluvio). Il celebre serial americano ha fatto scuola. Ovunque nel mondo si è tentato di riprodurre quel modello che ha rappresentato il rovesciamento di tabù: "le donne e l'amicizia", "le donne e il sesso".
In "Addio al nubilato" ci sono quattro donne, alla vigilia dell'addio al nubilato di Chiara. Si ritrovano in un albergo ad interrogarsi sulle vite presenti e passate. Sullo sfondo un paesaggio metropolitano: grattacieli, luci, movimento, traffico. A ricordare che è partito tutto da lì, dalla fiction americana.
Le amiche sono infatti glamour, c'è un gran parlare di griffe, scarpe, vestiti. C'è la "Samantha de' noantri", Eleonora (Emy Bergamo), alla perenne ricerca del sesso travolgente, sexy con linguaggio esplicito. Una "uoma": un essere geneticamente modificato da una mente maschile.
Non c'è nulla di male nel citare qua e là. Però si va oltre. Qui manca la sintesi. C'è un po' di tutto: la moda, il sesso, i chili di troppo, il dramma femminile dei gay che aumentano (che sia troppo bello essere donne?). Piccoli e grandi drammi personali (un aborto, una violenza familiare, un mancato rapporto madre-figlia, un padre troppo preso dalle amanti). E poi?
Il finale non risponde alla domanda, è quasi buttato via, gioca l'effetto sorpresa, che sorpresa non è: il luogo comune del fidanzato condiviso dalle amiche. Verrebbe da citare la filosofa francese Anne Dufourmantelle: in "Sesso e filosofia", afferma che le donne che imitano la visione consumistica dell'amore maschile, alla fine soffrono di più. E' un modello che non gli appartiene.
Sia chiaro, una commedia brillante non deve rispondere a tutti i quesiti dell'umanità, ma può cercare di andare oltre il quotidiano. Proprio perché il teatro è il luogo della fantasia, che può anticipare la realtà.. Perché non osare di più? Perché non percorrere altre strade? Perché non rischiare, abbandonando il confort del format di successo, e trovare qualcosa di nuovo, che magari non ha successo immediato, ma apre un varco, una strada?
Le attrici sono credibili, Michela Andreozzi (Vanessa) più delle altre, anche se non affonda quando puo' investigare il dolore del rapporto conflittuale con il corpo (tema che da solo potrebbe riempire una commedia). La scrittura e la regìa sono scorrevoli, ma troppo collaudate.
E' uno spettacolo patinato, dall'effetto immediato ma resta in superficie, non lascia nulla.
[deborah ferrucci]