Sette anime
Seven Pounds
Regia
Gabriele Muccino
Sceneggiatura
Grant Nieporte
Fotografia
Philippe Le Sourd
Montaggio
Hughes Winborne
Scenografia
J. Michael Riva
Costumi
Sharen Davis
Musica
Angelo Milli
Interpreti
Will Smith, Rosario Dawson, Michael Early, Barry Pepper, Woody Harrelson
Produzione
Overbrook Entertainment Escape Artists, Relativity Media, Columbia Pictures
Anno
2008
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
125'
Distribuzione
Sony Pictures Releasing Italia
Uscita
09-01-2009
Giudizio
Media

Un ingegnere di successo (Will Smith) causa un incidente in cui muoiono sette persone. Roso dai sensi di colpa, cercherà redenzione nell'aiutare, a qualunque costo, sette persone meritevoli e bisognose, ma finirà con lo scoprire di essere più compatibile del previsto con la bella cardiopatica cui ha deciso di donare il cuore (Rosario Dawson).
La grande capacità che ha il cinema di Hollywood a rinnovarsi esteticamente nel tempo rimanendo sempre uguale a se stesso è dovuta, lo sappiamo, al continuo assorbimento di poetiche e stili a lui estranei; siano essi derivati dalla lezione avanguardista, da cinematografie esotiche o da timbri personali di singoli autori off-Hollywood.
A essere assimilato in questo film è lo stile narrativo che ha reso celebre lo sceneggiatore Guillermo Arriaga: il suo metodo si fa maniera nelle mani dello sceneggiatore Grant Nieporte al suo primo lavoro per il grande schermo dopo aver lavorato a lungo per successi televisivi quali “Sabrina, vita da strega” e “Quell'uragano di papà”.
La storia è frantumata all'inizio e poi lentamente ricomposta, tanto che molti critici americani si sono chiesti quanto una cosa del genere possa avere appeal sul grande pubblico; altri si sono domandati quanto sarebbe stato ancora più insulso il film se avesse avuto uno sviluppo cronologico tradizionale fin dalla prima scena.
Questioni che interessano poco: la prima è gratuita e non tiene conto dell'imprevidibilità del pubblico, la seconda è ingenua nel suo voler distinguere nettamente tra forma e contenuto della narrazione.
Avranno ragione quanti sostengono che solo Muccino avrebbe potuto dare un tocco europeo al film? Forse si, ma noi italiani siamo talmente assuefatti alla smielosa retorica del connazionale (a proposito, l'ombra dell' Ultimo bacio 2 avanza minacciosa) che non riusciremmo a fari caso nemmeno volendo.
Un solo dubbio ci concediamo: in una scena del film l'amico di Will Smith, Dan, cerca di dissuaderlo dai suoi propositi raccontandogli di una questione irrisolta fra loro circa una ragazza che piaceva a entrambi ai tempi dell'università. Dan crede di vedere in quella storia un forte significato, ma Will lo interrompe, accusando l'amico di banalità. Poco dopo è lo stesso protagonista che cerca di consolare la ricoverata Rosario Dawson con una storiella/apologo circa la sua infanzia e la decisione di diventare ingegnere. Lei, che sperava in una storiella divertente, è delusa. Cos'è questa? Autocritica? [davide luppi]