Sedie, valigie, vecchie fotografie in bianco e nero e perfino mattonelle. Non sono semplici oggetti accatastati in un magazzino: ognuno porta un nome e cognome, ognuno racconta una storia. Dopo la Seconda guerra mondiale, uomini e donne d’Istria e Dalmazia decisero di abbandonare la propria terra, vittime della pulizia etnica attuata dal regime di Tito nei confronti della popolazione italiana; svuotarono le proprie case ed imballarono arredi e mobilio per spedirli a Trieste, nella speranza di poterli un giorno recuperare.

La locandina

La locandina

Diretto da Antonio Calenda, Simone Cristicchi con “Magazzino 18” ricostruisce con chiarezza esplicativa e un tocco di poesia, le fasi di una vicenda intricata fatta di storie che si intersecano. Prima il fascismo, che infrange il delicato equilibrio fra italiani, sloveni e croati, imponendo italianizzazione forzata e campi di concentramento. Poi la dittatura comunista, che induce con ogni mezzo gli italiani ad andarsene: le foibe, le scomparse misteriose, le stragi. Quindi l’esodo di massa: la tragedia di chi parte e di chi rimane, di chi si sente straniero nella propria casa e di chi viene accolto come straniero anche in Italia. Una terra di confine, in cui il limite si sposta per effetto di un trattato; la violenza delle dittature, che, sebbene di diverso colore politico, sembrano imitarsi così tanto nei metodi, nei soprusi e nella ferocia. In questa riedizione dello spettacolo scritto con Jan Bernas, Cristicchi è solo sul palco, con l’unico ausilio di un telefono, pochi oggetti di scena e le video proiezioni sullo schermo e si conferma bravissimo nel sostenere un monologo di quasi due ore, in cui interpreta più personaggi modulando la voce, il tono e la cadenza, fino a divenire egli stesso una figura in bianco e nero, spirito affiorante dai ricordi del passato.

Il teatro di Cristicchi è di narrazione e di canzone: serio, sobrio e mai sopra le righe, il cantante si avvale di brani inediti per spezzare il ritmo altrimenti statico. Su tutti, di particolare impatto “Dentro la buca”: «Noi camerati, noi comunisti, noi partigiani o poveri cristi. Noi cancellati dalla memoria, perché il silenzio è come una bomba, sarà per sempre la nostra tomba». «Giuliano Dalmata, chi era costui?»: Cristicchi interpella il pubblico, per rimarcare l’inconsapevolezza su una pagina di storia così drammatica, ancora poco nota e poco chiarita, controversa e rinnegata. Nell’accorato appello al “non dimenticare” è indubbiamente presente un filo di retorica: che appare, in fondo, giustificata.

TitoloMagazzino 18
AutoreSimone Cristicchi e Jan Bernas
RegiaAntonio Calenda
MusicheSimone Cristicchi
InterpretiSimone Cristicchi
Durata110'
ProduzioneTeatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Promomusic
Anno2013
Applausi del pubblicoA scena aperta
In scenadal 24 al 29 marzo 2015 - Teatro Vittoria - Piazza di Santa Maria Liberatrice 10, Roma