Autore
Annibale Ruccello
Regia
Luca De Bei
Scene
Francesco Ghisu
Costumi
Lucia Mariani
Luci
Marco Laudando
Coreografie
Musica
 
Roma, 1983. Ida, matura insegnante di lingue, vive un’esistenza grigia in un anonimo appartamento assediato dal traffico. Rimasta invalida ad una gamba dopo un banale incidente domestico occorsole nell’adolescenza, trascorsa in un paesino dell’entroterra campano, la donna racchiude in sé i tratti della bruttina stagionata chiamata a fare i conti con un immaginario erotico sfrenato. Trasognata e dritta davanti allo specchio smette il quotidiano abito grigio per indossare provocanti sottovesti rosso fuoco o grigio perla, mentre al giradischi si alternano canzoni francesi degli anni Venti e Trenta, melodie che alludono a giovinezze bruciate, a gabbie di solitudini senza carezze.

Nel corso di un fine settimana come tanti, le fantasie di Ida finiscono per materializzarsi prima con Narciso, un idraulico tanto attraente quanto poco forbito, poi con Marco, uno studente ancora privo di esperienze sessuali. Nel primo caso, tra scene piuttosto esplicite, dove l’amplesso degenera in violenza e la nudità maschile si fa integrale, il rapporto che lega la vittima al carnefice cambia di segno e conferisce ad una Ida trasformata la forza di un personaggio compiutamente tragico.

Margherita di Rauso, una carriera costellata di classici diretti, tra gli altri, da Giorgio Strehler, Luca Ronconi, Giorgio De Capitani, Michele Placido, è la protagonista assoluta di questo anomalo noir italiano. Notevole il monologo a metà del secondo atto, dove i fantasmi interiori sembrano svolazzare in scena sulle note di una musica da processione che la riconduce al profondo sud dove è cresciuta. Interessante la modalità, non soltanto fisica, con la quale la Di Rauso riesce a trasmettere un’aura di sensualità ad un personaggio che, all’inizio dell’opera, appare totalmente anonimo. Accanto all’attrice si muovono Giulio Forges Davanzati, già coprotagonista de “Il laureato” accanto a Giuliana De Sio, e Brenno Placido che, dopo “La bella addormentata” di Marco Bellocchio ha recitato in “Re Lear” di Shakespeare al fianco del padre Michele. La regia di Luca De Bei non mostra smagliature neanche nei momenti in cui il congegno narrativo impone un deciso cambio di passo.

Gli anni Ottanta penetrano nell’opera quasi in punta di piedi o, al contrario, con sfoghi di violenza improvvisa, come nella scena in cui Ida, desiderosa di effusioni, viene spinta a terra da un Narciso quasi ipnotizzato dalla voce di Paolo Valenti intento a leggere la schedina in apertura di “Novantesimo Minuto”. La scenografia appare essenziale e restituisce allo spettatore l’immagine di un appartamento piccolo borghese collegato con l’esterno da un’enorme porta-finestra che si rivela più che mai funzionale allo svolgimento della narrazione. Impeccabili le musiche, quasi interamente tratte dalla tradizione francese tra le due guerre, da “J’ai perdu ma jeunesse” di Damia a “Domino” di André Claveau, alla celebre “Que reste-t-il de nos amour” nella versione di Lucienne Boyer.
[valerio refat]
Interpreti
Margherita Di Rauso, Giulio Forges Davanzati, Brenno Placido
Produzione
I Magi srl in collaborazione con Ma.DI.Ra srl
In scena
fino al 20 ottobre al Teatro Della Cometa | Via del Teatro Marcello, 4 | Roma
Anno
1983
Genere
dramma