La ricotta


Anno
2004

Genere
monologo

In scena
fino al 28 aprile
Teatro Ghione | Roma

Autore
Pier Paolo Pasolini
Regia
Antonello Fassari
Luci
Domenico Di Mattia
Musica
Adelchi Battista
Interpreti
Antonello Fassari,
Adelchi Battista
Produzione
Goldenart Production, Mind Production

 

Terza opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini dopo “Accattone” e “Mamma Roma”, “La ricotta” è uno dei quattro segmenti che compongono il film a episodi “Ro.Go.Pa.G.”, contrassegnato dalle iniziali dei registi che lo diressero: Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pasolini e Ugo Gregoretti. Il monologo con cui Antonello Fassari rilegge la sceneggiatura del cortometraggio, concepito come una sorta di lavoro preparatorio al “Vangelo secondo Matteo”, getta una luce impietosa sull’umanità grottesca che si affolla intorno al set del film nel film che è “La passione di Cristo”.
Le riprese, affidate ad un regista di fede materialista che nella versione cinematografica ha il volto di Orson Wells, sono ambientate nella zona che separa l’Appia dalla Tuscolana, ai margini di una campagna romana di lì a poco destinata all’urbanizzazione selvaggia. Emerge con prepotenza la figura di Stracci, la povera comparsa nella parte del ladrone buono, costretto a regalare ai numerosi e affamati familiari il cestino con il pranzo ricevuto dalla produzione. Per procurarsi un secondo pasto, l’uomo si traveste da donna, ma durante una pausa della lavorazione del film scopre che il cagnolino della prima attrice ha divorato tutto il cibo.

Sconvolto, Stracci sulle prime tenta di strozzare il quadrupede, ma poi impietosito prende ad accarezzarlo e quando gli si presenta davanti un giornalista intervenuto sul set per intervistare il regista finisce per venderglielo. Con i soldi ricevuti, la comparsa compra della ricotta ma, prima di potersene cibare, viene chiamato dal regista per completare la scena della crocefissione. Alla successiva interruzione Stracci si getta sulla ricotta che inizia a mangiare con voracità ferina, tanto da attirare l’attenzione degli altri componenti della troupe che, per puro divertimento, lo fanno ingozzare di ogni genere di vivande. Alle prese con una digestione impossibile, l’uomo morirà in croce sotto gli occhi della Roma Bene, venuta ad accompagnare il produttore sul set.

Il monologo, introdotto dalle note del Primo preludio in Do del “Clavicembalo ben temperato” di Johann Sebastian Bach, viene addomesticato dall’espressività pasoliniana di Fassari che, dopo dieci anni di messa in scena, sa imprimere ritmo all’opera quasi in automatico. Le musiche, suonate dal vivo da Adelchi Battista, accompagnano l’accelerare degli eventi e il loro fissarsi, in una serie di passaggi repentini dalla musica sacra al twist. La scenografia, tendente all’essenziale, riflette i dettagli di un set cinematografico qualunque: la sedia del regista resta tuttavia in primo piano e assume un ruolo fondamentale nel corso dell’intervista realizzata dal pennivendolo che Pasolini aveva costruito sulla figura di Gian Luigi Rondi. L’utilizzo delle luci, non è mai scontato e gioca sempre in tandem con le musiche di Battista. [valerio refat]