Peter Pan - il Musical


Anno
2006

Genere
musical

In scena
fino al 9 dicembre
Il Sistina | Roma

Autore
J.M. Barrie
Regia
Maurizio Colombi
Scene
Rinaldo Rinaldi,
Maria Grazia Cernetti
Coreografie
Chiara Valli
Costumi
Marco Biesta,
Marica D’Angelo
Luci
Raffaele Perin
Musica
Edoardo Bennato
Interpreti
Manuel Frattini, Pietro Pignatelli, Martha Rossi, Jacopo Pelliccia, Ilaria De Rosa, Nikolas Lucchini, Valentina Corrao, Daniela Simula
Produzione
II Sistina, il Teatro Delle Erbe, Officine Smeraldo

 

"Peter Pan" non è più l’idolo dei bambini; sono la famiglia Darling con Capitan Uncino e Spugna a conquistarne le risate e il cuore.

La storia vuole che in una notte di luna, nel momento in cui la figlia maggiore Wendy si appresta a lasciare la sua stanza di bambina, Peter Pan irrompa nella camera e la porti via, con i fratelli, all’Isola che non c’è. Sulle loro strade incontreranno ostacoli, individui malvagi e salvataggi miracolosi; fino al finale rassicurante, come in tutte le favole che si rispettino.

Capitan Uncino (Pietro Pignatelli) è un malvagio con distaccata ironia - qualcuno lo deve pur fare -: ha il trucco e gli stivaloni con zeppa del gruppo rock dei Kiss, fa gesti da rapper, è un personaggio fumettistico che ricorda che «Ogni Favola è un gioco».

Peter Pan (Manuel Frattini) è il vento delle illusioni, dà l’ebbrezza dell’avventura momentanea e svanisce all’improvviso, così com’era arrivato. La mancanza di spessore del ruolo finisce per fagocitare l’artista: nonostante i movimenti coreografici precisi e studiati, ha una voce melodica che poco si adatta allo stile pop rock dell'autore delle musiche Edoardo Bennato.

Il musical di Maurizio Colombi ha un cast di interpreti con belle voci, ottima presenza scenica, eccellenze (oltre quella già citata di Pietro Pignatelli) come Martha Rossi (dolce, sognante, buffa Wendy con una potente voce da usignolo), Jacopo Pelliccia (Spugna, un po’ Sancho Panza, come temperamento e come corporatura) e Ilaria De Rosa (la sinuosa squaw rock).
Manca tuttavia l’armonia tra i talenti e gli stili musicali, soprattutto nel primo atto: il menestrello anni 70 che irrompe nelle strade londinesi rende omaggio alla musica di Bennato, ma stona con le atmosfere di inizio Novecento. Le immagini televisive, funzionali ai complicati cambi di scena, sono lunghe e tolgono magia alla fiaba, alle luci, agli attori volanti sulla platea. C’è troppo di tutto.

Scenografie meno complicate e soluzioni registiche più creative basterebbero a rendere fluidi i passaggi. Nel secondo atto si compie il miracolo: le scenografie sono imponenti ma stilizzate e lasciano spazio ai balli coreografici di gruppo, all’energia scatenata dalle canzoni più famose, accompagnando il finale con la partecipazione vivace del pubblico. Una favola che fa sognare a metà.
[deborah ferrucci]