Paper Soldier
Bumažnyj soldat
Regia
Aleksey German Jr.
Sceneggiatura
Aleksey German Jr.,
Vladimir Arkusha
Fotografia
Alisher Khamidhodjaev
Montaggio
Sergei Ivanov
Scenografia
Sergei Kakovkin, Eldar Karhalev
Costumi
Elena Malich
Musica
Fedor Sofronov
Interpreti
Chulpan Khamatova, Merab Ninidze, Anastasya Shevelyova, Evgeny Pronin
Produzione
Phenomenon Films, TV Channel Russia
Anno
2008
Nazione
Russia
Genere
drammatico
Durata
118'
Distribuzione
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Uscita
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Giudizio
Media

Aleksey German Jr. ha sempre respirato aria di cinema e di arte in famiglia (è figlio del regista Aleksej German e nipote dello scrittore Yuri German) e nutre una passione smisurata per le ricostruzioni d'epoca.
Come nei suoi precedenti film (in Garpastum del 2005 una improvvisata squadra di calcio nella San Pietroburgo di inizio secolo, in Posledniy poezd del 2003 un manipolo di soldati russi e tedeschi abbandonati a se stessi durante la seconda guerra mondiale) anche in Bumaznyj soldat racconta la storia di un gruppo, la prima compagnia di cosmonauti. E lo fa attraverso gli occhi di Daniel, l'ufficiale medico incaricato di occuparsi della loro salute in vista del lancio del primo uomo nello spazio. Siamo nel 1961 in Kazakistan, durante il momento di crescita dell'URSS che tenta di lasciarsi alle spalle l'eredità di Stalin con il miraggio di sopperire ad una crisi di ideali tramite la grandiosità di un avvenimento memorabile. Ma anche dietro questo obiettivo grandioso e romantico si cela un destino di morte. Daniel ne è consapevole e non riesce a portare fino in fondo la sua missione diviso tra l'inaccettabilità del sacrifico umano in nome della patria e il precario equilibrio sentimentale con la moglie Nina e l'amante Vera. Perderà la vita il giorno prima del lancio che segnerà un momento indimenticabile nella storia russa.
Pur impeccabile e sontuosamente evocativa, la ricostruzione storica di Aleksey German Jr si rivela stridente perché pone in primo piano la figura centrale di Daniel, roso da frustrazioni esistenziali e rimorsi etici, lasciando sullo sfondo il contesto storico del suo Paese (perfino il lancio del missile si vede solo in lontananza). Affastella insulse diatribe tra marito, moglie e amante privilegiando il singolo punto di vista a quello corale. Anche la squadra di cosmonauti si suddivide in singole performance emotive disperdendo la tensione dell'attesa dell'evento in mille impercettibili piani dimensionali che eludono la compattezza narrativa conferendo un senso se non confusionale di sicuro distorto della realtà.
Sfugge il dramma della missione e resta la gravosità di un'inadeguatezza esistenziale che si risolve in una tragedia personale. La forza dello sguardo non è mai centrifuga e rimane quasi sempre avulsa dal contesto storico cui si vuole rendere omaggio. Non c'è coesione tra i due piani (individuale e corale) e si finisce per restare delusi da quella che sulla carta era la parte più interessante (il lancio dell'uomo nello spazio).
[marco catola]