Musikanten
id.
Regia
Franco Battiato
Sceneggiatura
Franco Battiato,
Manlio Sgalambro
Fotografia
Daniele Baldacci
Montaggio
Riccardo Sgalambro
Costumi
Monica Celeste
Interpreti
Alejandro Jodorowsky, Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni, Chiara Conti, Michela Cescon, Manlio Sgalambro, Chiara Muti, Lucia Sardo,
Anno
2005
Durata
90'
Nazione
Italia
Genere
storico
Distribuzione
L'Ottava

Dopo il trascurabile Perduto amor, vincitore a sorpresa nel 2004 del nastro d’argento come migliore esordio, Battiato ci riprova e con la complicità dell’amico e filosofo Sgalambro, da tempo suo collaboratore ed autore di molti testi delle sue canzoni, mette in scena gli ultimi due anni della vita del compositore Ludwig Van Beethoven, visti da una prospettiva insolita: nel 2005 un’autrice tv, solitaria e schiva, ossessionata dalla figura del grande musicista tedesco e affascinata dal mondo dei sogni, rivive, sotto ipnosi regressiva, le vicende di una (presunta) vita precedente in cui era un principe amico e mecenate di Beethoven.
Tra sogno e realtà un film davvero spiazzante, a tratti imbarazzante, che lascia ammutoliti di fronte ad una completa mancanza di coerenza narrativa. Manca tutto. Manca la sceneggiatura, la direzione degli attori, la regia, il cuore. Non basta parlare di anima per possederne una.
Dispiace vedere un maestro della musica sempre all’avanguardia come Battiato ridotto a non sapere come e cosa raccontare. I due diversi registri tecnico-narrativi sono pretestuosi e sconclusionati, l’ambivalenza ironica da commedia in costume si sovrappone al pretenzioso anelito misticheggiante. La presenza del maestro illuminato Jodorwsky, che interpreta un esagitato Beethoven, confonde solo le idee a chi si è premurato di non guardare il film con sguardo prevenuto. La coppia Gifuni-Bergamasco è da sfinimento dei nervi così come tutti i camei radical chic (a partire dalla Cescon fino ad arrivare alla figlia di Muti e allo stesso Sgalambro).
Presentato nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2005, ha quasi ricevuto più fischi e risate del terribile Ovunque sei di Michele Placido dell’anno precedente.
[marco catola]