Moonrise Kingdom – Una fuga d'amore
Moonrise KIngdom

Anno 2012

Nazione USA

Genere drammatico

Durata 94'

Uscita 05/12/12

distribuzione
Lucky Red

Regia
Wes Anderson
Sceneggiatura
Wes Anderson,
Roman Coppola
Fotografia
Robert Yeoman
Montaggio
Andrew Welsblum
Scenografia
Adam Stockhausen
Costumi
Kasia Walicka Maimone
Musica
Alexandre Desplat
Produzione
American Empirical Pictures, Moonrise, Scott Rudin Productions-
Interpreti
Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances McDormand, Tilda Swinton

 

E' un 1965 indubbiamente più magico della media sulla fantomatica isola di New Penzance, quello in cui i due dodicenni Sam e Suzy (gli esordienti Jared Gilman e Kara Hayward) progettano di scappare insieme dalle rispettive famiglie, a un anno dal loro colpo di fulmine.
Lui è un orfano provetto boy scout diretto da un pignolo caposcout con il volto sorprendentemente credibile di Edward Norton, lei una ragazza problematica di una famiglia numerosa, in cui la madre (Frances McDormand) tradisce il padre (il solito “volto” di Anderson, Bill Murray) con lo sceriffo (Bruce Willis). I due giovani riusciranno a trovare una spiaggia senza nome che ribattezzeranno “Moonrise Kingdom”, ma sulle loro tracce ci saranno gli scout (compreso un vecchio capo interpretato da Harvey Keitel), i servizi sociali (Tilda Swinton), le famiglie e soprattutto una delle più catastrofiche tempeste che abbiano mai colpito il New England.

Nel piattume generale, essere riconoscibili è fondamentalmente un pregio e dunque Anderson può essere ben fiero che nei titoli di testa, come nella scelta dei costumi, ci sia sempre la sua firma. Il fatto che questo stile sia praticamente uguale a se stesso fin dall'esordio e non così originale come vorrebbe (e la poetica di certi videoclip e spot pubblicitari è lì a dimostrarlo) è un problema qui non fondamentale, perchè la sceneggiatura scritta a quattro mani con Roman Coppola (dopo il precedente esperimento di “Il treno per Darjeeling”) decide di contestualizzare temporalmente le vicende e dunque rendere un filo più riconoscibile e meno esotizzante la narrazione.

La storia del primo amore adolescenziale nella sua semplicità e universalità è fin troppo rintracciabile, ma offre inaspettati rimandi letterari nella lotta tra i piccoli scout (“Il signore delle mosche”) e nel finale chiarificatore (addirittura la “Tempesta” di Shakespeare, la prima “Commedia su un'Isola”). Come al solito l'apparente gioiosità di Anderson nasconde un profondo senso di malinconia per il passare del tempo e della felicità, rappresentata dall'isolamento degli innamorati costantemente minacciato dal destino e da un mondo adulto quasi tutto in divisa e uniformemente ingrigito da una rassegnata accettazione della realtà.

Anderson è mostruosamente a suo agio nel dirigere un'impresa produttiva improba con leggerezza e pignoleria, aiutato da un cast eccellente, in cui spicca un Bruce Willis capace di rendere profondo un personaggio potenzialmente monocorde e caricaturale. Il suo stile calligrafico e crepuscolare questa volta conquisterà anche chi non lo ha mai apprezzato completamente sin dal successo de “I Tenenbaum”, anche se qua e là aleggerà di nuovo quella sensazione che, mentre gli attori parlano, l'attenzione sia più concentrata sul mangiadischi o sulla radio a transistor che maneggiano, piuttosto che sulle loro stesse parole.
Dopo aver letto un brano di una storia per ragazzi, Sam dice a Suzy che una poesia può prescindere dalla rima e dalla perfezione ma non dalla creatività; questa favola imperfetta e strampalata che ha aperto l'ultimo Festival di Cannes darà senza dubbio ulteriore credito a una tesi del genere.

[emiliano duroni]