L'enfer
id.
Regia
Danis Tanovic
Sceneggiatura
Krzysztof Piesiewicz
Fotografia
Laurent Dailland
Montaggio
Francesca Calvelli
Musica
Duško Šegvic, Danis Tanovic
Interpreti
Emmanuelle Béart, Karin Viard, Marie Gillain, Carole Bouquet, Guillaume Canet, Jacques Gamblin, Jacques Perrin,
Miki Manojlovic, Jean Rochefort
Anno
2006
Durata
98'
Nazione
Italia - Francia
Genere
drammatico
Distribuzione
01 Distribution

Sophie (Emmanuelle Béart), Celine (Karin Viard) e Anne (Marie Gillain), le tre sorelle ormai adulte vivono ciascuna la propria vita. I legami familiari sono inesistenti.
Sophie, la più grande, è sposata con Pierre (Jacques Gamblin), un fotografo con il quale ha avuto due figli. La coppia è in crisi. Anne, la più giovane, studentessa di architettura, ha una relazione con Frederic (Jacques Perrin), uno dei suoi professori. Celine è sola ed è l’unica ad occuparsi della madre (Carole Bouquet), che vive in una casa per anziani.
All’improvviso, un giovane uomo, Sebastian (Guillaume Canet), entra in contatto con Celine: è affascinante e sembra intenzionato a sedurla. La sorprendente rivelazione che Sebastian farà a Celine causerà il riavvicinamento tra le tre sorelle, le aiuterà ad accettare il passato e forse a vivere pienamente il presente.
Opera seconda di Danis Tanovic (No Man’s Land), tratto dalla trilogia “Il paradiso, l’inferno, il purgatorio” di Krzysztof Kieslowski e Krzysztof Piesiewicz, L’enfer ci cala dall’alto negli inferi di cuori aridi, consumati da anni di incomprensioni, gelosie sottaciute, invidie lasciate sedimentare e poi esplose violentemente che frantumano l’unità familiare patriarcale attraverso un oscuro episodio che viviamo a mo di flashback nell’incipit del film. La storia dell’essere umano è un susseguirsi di azioni umane ed azioni divine, in bilico tra la casualità ed il destino, dove su un tessuto di razionalità si innesta l’imponderabile ed imprevedibile.
Questo è l’Inferno messo in scena dal regista serbo, un non-luogo (più dimensione dell’anima che non spazio geograficamente definito) in cui l’apparenza inganna ed i pregiudizi, le approssimazioni di una realtà sfaccettata ma inafferrabile nella sua interezza se non quando è troppo tardi, minano le certezze e le coordinate del nostro agire tra gli uomini ed i sentimenti.
L’estetismo pirotecnico della scuola balcanica e l’intellettualismo di un certo cinema francese, sono gli estremi su cui si muove questa curioso ibrido cinematografico, sorretto da un pugno di attrici straordinarie e da un finale in cui un senso di beffarda impotenza e sconforto nei confronti degli esseri umani segnano il tono conclusivo di questo melodramma del nostro scontento.
[fabio melandri]