Fragile
id.n
Regia
Jaume Balagueró
Sceneggiatura
Jaume Balagueró,
Jordi Galcerán
Fotografia
Xavi Giménez
Montaggio
Jaume Martí
Musica
Roque Banos
Interpreti
Calista Flockhart, Richard Roxburgh, Elena Anaya, Gemma Jones, Yasmin Murphy, Colin McFarlane, Susie Trayling, Daniel Ortiz
Anno
2005
Durata
100'
Nazione
Spagna
Genere
horror
Distribuzione
Nexo
Jaume Balagueró, aveva nel passato dato dimostrazione del suo mediocre talento nei due horror Nameless a Darkness, cercando di rivitalizzare la via spagnola all’horror con opere capaci di costruire atmosfere inquietanti ma demolite da sceneggiature incapaci di mantenere coerenza ed interesse nel loro sviluppo e da interpreti da far venire i brividi – e non è un complimento!
A Venezia, ha presentato la sua ultima fatica, un’opera dal respiro internazionale il cui tentativo dichiarato è sfondare sul mercato anglosassone. Per questo, Balagueró ambienta la sua storia di fantasmi e spiriti inquieti in Inghilterra all’interno di un suggestivo ospedale pediatrico in via di abbandono, scenario nel passato di inquietanti incidenti ai suoi piccoli degenti. Da sempre i bambini, protagonisti anche delle precedenti pellicole del regista spagnolo, rappresentano con il loro sguardo innocente il tramite preferenziale, il medium tra il mondo dei morti e quello dei vivi. Il problema vero sono gli adulti ,condannati a soccombere sino a quando un loro ‘illuminato’ non prende in mano la situazione. In questo caso la star televisiva Calista Flockhart, le cui atmosfere dark non le si addicono, al contrario di quelle surreali e grottesche della sit-com Ally McBeal.
Il titolo, fa riferimento alla fragilità delle ossa che una infermiera provocava nei suoi giovani pazienti pur di trattenerli in ospedale accanto a se; fragile è il confine tra mondo dei vivi e quello dei morti, tematica che è stata analizzata, sviscerata, sfruttata sino a raschiarne il fondo di cui questo film non aggiunge nulla all’argomento, anzi sfrutta poco e male la letteratura del passato. Fragile è la sceneggiatura i cui snodi narrativi sono tanto scontati quanto meccanici, i dialoghi buttati via come un qualcosa di superfluo e i momenti di maggior tensione (?) esaltati da un sonoro frastornante. Facile spaventare quando nel silenzio più assoluto le sottolineature di violini e violoncelli ti vengono sparate nei timpani a volumi pazzeschi a discapito di una tensione che non esiste, di psicologie archetipe, di un’ambientazione sicuramente affascinante ma declinata per nessuna delle sue potenzialità. Fragile... anzi fragilissimo. [fabio melandri]