Factory Girl
id.
Regia
George Hickenlooper
Sceneggiatura
Captain Mauzner
Fotografia
Michael Grady
Montaggio
Dana E. Glauberman, Michael Levine
Scenografia
Jeremy Reed
Costumi
John Dunn
Musica
Edward Shearmur
Interpreti
Sienna Miller, Guy Pearce, Hayden Christensen, Mena Suvari, Beth Grant
Produzione
The Weinstein Company
Anno
2007
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
91'
Distribuzione
Moviemax
Uscita
23-11-2007
Giudizio
Media

La musa e l’artista. Gli anni sessanta a New York, la Manhattan dei loft, della pop art, dei fermenti creativi, dove ad ogni angolo di strada respiravi genio e sregolatezza. In questo mondo fuori dal mondo, tra finzione e realtà, piomba Edie Siedgwick, erede di una delle più grandi famiglie aristocratiche americane. Edie è ribelle, anticonformista, sempre in fuga dagli altri e da se stessa, proiettata verso l’olimpo delle celebrità ma incapace a costruirsi una vita secondo le regole che la società le impone. Edie è bionda, un sorriso angelico e due gambe che fanno girare la testa agli uomini. Si iscrive a dei corsi di arte, ma lo studio, l’abnegazione e la disciplina non fanno per lei. Si trasferisce nella costa est, e l’avanguardia newyorchese sembra essere nata apposta per lei, per questa esuberante icona dall’anima fragile e dagli occhi tristi. Edie è incantevole e conquista il grande genio, che vede in lei finalmente l’incarnazione di tutto ciò che ha sempre desiderato. Non c’è bisogno di dipingere un quadro o di girare un film. Edi si offre per quello che è, una contraddizione continua, una benedizione piovuta dal cielo iridescente dell’arte, bisogna approfittarne e metterla in una cornice o dentro l’obiettivo della macchina da presa.
Edie e Andy, una coppia unica e favolosa. Sono bellissimi insieme, entrambi dettano la moda e lo stile tra la Fifth Avenue e il Greenwich Villane. Andie ha mollato la pittura per Edie. La realtà è molto più eccitante, molto più sfolgorante e molto più sorprendente. Così almeno dichiara alla stampa, ai fotografi, ai galleristi, e per un momento il suo sguardo si illumina, chissà, magari ci crede pure lui. Per poco meno di cento dollari, Warhol installa il quartier generale in una fabbrica abbandonata e con l’aiuto di una serie di collaboratori dà vita a film, documentari, video che rivoluzioneranno la rappresentazione cinematografica così come era stata tradizionalmente intesa fino a quel momento. Niente più Hollywood, trucchi e artifici. Ma un paio di ragazzi e una macchina da presa. Con un materiale così scarno, escono fuori autentici capolavori, da Lonesome Cowboys a Vinyl fino a Little Poor Rich girl. Se si improvvisa perché non improvvisare anche la vita? E se l'America guarda a tutto questo entusiasmo con un certo sospetto, in Europa e soprattutto in Francia la coppia Warhol Siedgwick riempie i cinema finisce sulle prime pagine dei giornali. Finché un bel giorno non bussa alla porta il tuo passato. Un amico di infanzia trascina letteralmente una Edie schiava dell'alcol, della moda e della droga da qualcuno che vuole conoscerla, qualcuno di veramente importante, che potrebbe finalmente salvarla, l'ennesimo che vuole amarla e fare di lei la sua musa. Ma Edie è una girandola, un fuscello sospinto nel torrente delle celebrità che ti inghiotte e sparge i tuoi pezzi in pasto al pubblico. Con un'idea di regia semplice ma efficace Edie si ritrova tra le braccia di una non meglio precisata rockstar che ha le movenze e il carisma di un giovanissimo Bob Dylan. Edie è catapultata da una dimensione all'altra dello spettro artistico di New York e non fa nulla per tirarsene fuori. Si diverte troppo. Oggetto di ispirazione prima del grande artista e poi della rockstar ne subisce prima le gelosie e poi i velenosi rancori che la porteranno alla distruzione totale.
Hickenlooper, talentuoso documentarista si cimenta in questa biografia con molta umiltà e rispetto per una vita spezzata che si è consumata con la velocità di una meteora. Soffermandosi a ragione molto sui suoi rapporti familiari (le scene con il padre sono emotivamente i momenti più alti del film) non concede poco o nulla al lato glamour della vicenda. Mescola con sapienza di montaggio, immagini di repertorio, in bianco e nero, sgranate e in super 8 senza per questo disturbare la visione, ma rendendola più aderente all'atmosfera dell'epoca. In una biografia di questo tipo l'impresa più ardua è individuare i punti di svolta, trasformare la fluidità dell'esistenza in eventi drammaturgici con il rischio di intervenire pesantemente con tagli e aggiunte. Hickenlooper e gli sceneggiatori fanno ruotare l'arco narrativo della protagonista intorno ai suoi rapporti con Warhol prima e con Bob Dylan poi. Riescono addirittura a innestare la storia della loro relazione sulle fasi artistiche di Warhol. Ogni volta che qualcosa va storto tra loro, Warhol cambia radicalmente il mezzo artistico, quasi fosse un castigo per Edie. Molla la pittura per il cinema, poi il cinema per la musica con l'invenzione dei Velvet Underground, per poi tornare al video, addirittura dando vita a una serigrafia di Edie in versione pin up.
Il compito dell'adattamento è pulito e perfetto, ma manca qualcosa. Diremmo che manca l'anima, se non fossimo davanti a un film così ostentatamente laico e pessimista. Mentre Guy Pearce dopo il cult movie Memento non ha più indovinato una parte, e anche nel ruolo di Warhol ne riproduce i tic senza riprodurne la profondità creativa, Sienna Miller ci consegna una Edie a dir poco impressionante, capace di passare da un'espressione all'altra con la mobilità di un bambino che sa contemporaneamente stupirsi, indignarsi e disperarsi. Nelle parti secondarie si segnalano volti un tempo noti che cercano un'occasione per rilanciarsi, da Jimmy Fallon che calcava le scene del Saturday Night live in monologhi incredibilmente spassosi e che qui interpreta l'amico di Edie, fino a Mena Suvari, ingrassata e sempre più cinica dai tempi di American Beauty. [matteo cafiero]