Ferro 3 - La casa vuota
Bin-Jip
Regia
Kim Ki-duk
Sceneggiatura
Kim Ki-duk
Fotografia
Jang Seong-back
Montaggio
Kim Ki-duk
Musica
Silvian
Interpreti
Jae Hee, Lee Seoung-yeon
Anno
2004
Durata
95'
Nazione
Corea del Sud
Genere
drammatico
Distribuzione
Mikado

Ferro 3 - La casa vuota, Gran Premio della Regia 61ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è un film che si muove sul filo del silenzio, nell'equilibrio instabile di due solitudini che si incontrano e si amano nonostante tutto e tutti. Lui è un giovane vagabondo che visita case vuote, riempiendole di piccoli e grandi attenzioni (lava i panni sporchi lasciati dai proprietari, ripara piccoli elettrodomestici); lei è una giovane sposa infelice, succube di un marito violento ed insensibile. Un incontro casuale, una iniziale diffidenza che attraverso timidi sguardi e gesti gentili si trasforma in una complicità sempre più stretta, sempre più profonda. Le case vuote diventano testimoni silenziose di un rapporto sensuale che il regista costruisce attraverso un lento accumulo di situazioni e incontri che ben presto trascendono la realtà per entrare nel mondo del metafisico, della "surrealtà", in cui anche gli eventi più strani ed impossibili acquistano una loro logica, una loro realizzazione, una loro consistenza. Nella parte conclusiva del film, il regista si diverte a mischiare, alternandoli, il piano di realtà - la donna che torna a vivere insieme al marito violento - e quello della surrealtà, dell'immaginazione, dove tutto è possibile, dove i corpi non hanno peso e gli sguardi attraversano mura e persone per trovare porto sicuro negli occhi dell'amata. Un gioco che lascia senza fiato, con il cuore gonfio di un'emozione che si è costretti a controllare e reprimere per non interrompere il flusso di immagini che travolgono ogni difesa. [fabio melandri]

Il golf non è solo un maglione. E' molto di più.
Potrebbe essere lo slogan di un'azienda sportiva o di chissà quale club di golfisti. Invece è la soffice e agonistica mania dell'ultimo film di Kim Ki-duk. Etereo come un sogno, inconsistente come il vapore la pellicola si muove su spazi aperti, tra alberi e bunkers e trova il green in pochi colpi, chiudendo nettamente sotto il par. Perchè Kim Ki-duk dimostra, almeno con la celluloide, di avere più estro di Tiger Woods. Nonostante il testo e le battute siano ridotte all'osso egli crea un legame di immagini forte, dove la parola non serve, quasi come un optional. Sono qua i volti, le espressioni e i movimenti a scandire la grammatica di un'ottimo lavoro. L'analisi grammaticale formale mette in evidenza un'originalità oggettiva e una padronanza della mpd sicura, e solo a tratti volutamente sconnessa o disordinata. L'attenzione resta sempre alta nonostante la densità di parole per minuto quadrato si avvicini alle dieci unità. Le cose esistono, anche se non le vediamo. E' forse questo che il regista filtra con Ferro 3 - La casa vuota, nell'era della TV regina incontrastata e dei satelliti sconosciuti fuori da essa che a malapena trovano gravità e credibilità. La TV non è lo specchio della realtà, tutt'altro. Kim Ki-duk ci fa vedere e sentire cose che esistono, ma che l'occhio non vede e l'olfatto non capta. Non siamo solo schiavi dei ricordi. Anche il presente è fatto di fantasmi. Di aloni, di sensazioni vaganti. Siamo noi stessi spettri. Ci capita di non essere scorti, veduti, ascoltati, amati. Tutti i giorni. La casa vuota di Kim Ki-duk non si riempe coi quadri e i soprammobili. Forse con le parole non dette, forse con il cuore. Forse, altrimenti, deve restare vuota. Come l'abbiamo trovata. L'essere solo di passaggio non è una mezza vita. Senza scandagliare troppo questo film, preferisco non addentrarmi in un analisi critica. Non affondo ne penna ne mouse. E' meglio lasciarlo libero senza contorni, senza una recensione a fargli da recipiente. Come l'ho trovato. Sincero e silenzioso. Suggerisco solo la visione, qualche frammento di bellezza potrebbe rimanervi in tasca oltre al biglietto. E di questi tempi non è cosa da poco. [alessandro antonelli]