Appunti Veneziani
Ritrovata dopo un'assenza di cinque anni, la Mostra Internazionale d'Arte cinematografica di Venezia è una vecchia signora (70esima edizione) che si sta rifacendo il lifting (alla rinnovata Sala Grande del Palazzo del Cinema dello scorso anno si sono aggiunte le nuove Sala Casinò e Sala Volpi oltre ad un Palabiennale che perde la sua natura di tendone da circo per un più confortevole struttura prefabbricata in attesa della rinnovata Sala Darsena prevista l'anno prossimo) nonostante le sue rughe (il buco creato dai lavori del Nuovo Palazzo del Cinema che non si farà vuoi per ritrovamento di residui di amianto sia per problemi economici), tra nuove virtù (meno film, più proiezioni e di conseguenza meno file e meno guerriglie per entrare in sala) e vecchi vizi (i costi di un piatto di pasta serviti su piatti di plastica al self service del Movie Garden è da ristorante stellato).
L'abbiamo ritrovata con un programma che come spesso accade presenta le cose migliori nelle sezioni non competitive o parallele, con una Giuria capitanata da Bernardo Bertolucci e componenti che hai più dicono poco ma grandi professionisti ed artigiani di questa immensa arte. Una Giuria che avrebbe premiato quelle opere che l'avrebbero sorpresa e che ha finito per sorprendere per i suoi responsi finali. A partire dal film vincitore del Leone d'Oro riportato a casa dal documentario Sacro GRA di Gianfranco Rosi, che racconta con lo stile piano ed invisibile a cui ci aveva già abituato il suo autore con il meglio riuscito Belowe Sea Level, quel microcosmo di storie e personaggi che vivono all'interno del Grande Raccordo Anulare di Roma. Opera riuscita in parte, a tratti noiosa, a intermittenza coinvolgente. Ma era l'anno dei documentari in Laguna vista la compresenza sempre in Concorso di The Unknown Known di Errol Morris sulla figura dell'ex Segretario della Difesa degli Stati Uniti d'America Donald Rumsfeld o il più leggero Ukraine No Bordel (Fuori Concorso) Kitty Green sul fenomeno Femen, il movimento femminista noto per le sue proteste in topless o ancora Pine Ridge (Fuori Concorso) di Anna Eborn sulla vita nella riserva indiana del South Dakota.
La 70esima edizione è stata caratterizzata da due temi dominanti come il sesso e la violenza declinati nelle forme più varie e bizzarre con evirazioni provocate ed autoinflitte (Moebius di Kim Ki-Duk, Fuori Concorso), cacciatrici aliene di uomini (Under The Skin di Jonathan Glazer, Concorso), orge e depravazioni (The Canyons di Paul Schrader, Fuori Concorso; Child of God di James Franco, Concorso) per terminare in una fredda, analitica discesa nei meandri di un sottaciuto abuso familiare, nel gelido e notevolissimo Miss Violence di Alexandros Avranas vincitore del Premio per la Regia e la Coppa Volpi al protagonista maschile.
Ignorato dalla Giuria, ma con l'auspicio di vederlo presto nelle sale Tom à la Ferme del talentuoso regista/attore/sceneggiatore/produttore 25enne Xavier Dolan, capofila di una serie di film a tematica omosessuale assai interessante che annovera Eastern Boys di Robin Castillo (Vincitore della sezione Orizzonti) nel racconto della relazione tra un giovane ragazzo di vita ucraino con un benestante francese e Gerontophilia di Bruce LaBruce (Giornate degli Autori) che vede un 18enne alle prese con l'innamoramento per un ottuagenario di cui si prende cura nella casa di riposo in cui lavora, ed ancora L'Armée du salut di Abdellah Taia (Settimana della critica) dove la prostituzione è la chiave di volta per una vita migliore (?) lontano dalla terra di origine (Marocco).
Ma chi pensasse ad un festival alla ricerca ossessiva del 'caso' o dello 'scandalo' sarebbe su una strada sbagliata perchè di momenti indimenticabili ce ne sono stati e così come riemergono dalla mia memoria ve li propongo in attesa di condividerli sugli schermi italiani.
Un uomo nella notte guida per 90 minuti, interagendo con l'esterno solo attraverso il telefono. Una notte che cambierà radicalmente la sua vita. Locke è il suo cognome, nonché il titolo del più bel film della Mostra, diretta dall'inglese Steven Knight ed a oggi (9 settembre 2013) senza una distribuzione italiana.
L'emozione che improvvisa e in maniera spiazzante travalica da un semplice abbraccio che il protagonista burbero di La reconstrucciòn di Juan Taratuto (Giornate degli Autori) dona ai figli orfani del suo migliore ed unico amico prima di lasciarli e dopo essersene a modo suo preso cura.
Un piano sequenza lungo 134 minuti per raccontare la storia di un gruppo di ragazzi in un campeggio dell'Iran, protagonisti loro malgrado di un feroce fatto di cronaca nera (evocato magistralmente fuori campo) che li vede trasformati in carne macinata servita ai tavoli di un fatiscente ristorante di provincia in Mahi va gorbeth di Shahram Mokri (Orizzonti).
Il funerale di John May, l'efficentissimo impiegato del comune di Londra incaricato di provvedere alla sepoltura delle persone di cui nessuno richiede le spoglie protagonista dell'opera seconda del produttore di Full Monty Uberto Pasolini nel toccante Still Life, in cui le anime dei morti in solitudini vanno a presenziare al funerale del ligio impiegato morto anch'esso in perfetta solitudine.
Chiudiamo questa breve carrellata contrapponendo due film che ben rappresentano due modi di fare cinema agli antipodi ed al cui interno si sviluppano tutti i possibili colori ed estetiche di fare film: il muscolare Yurusarezarumono di Lee Sang-il, remake giapponese de Gli Spietati di Clint Eastwood che punta su grandi interpreti, una storia esemplificativa, musica onnipresente, un vero kolossal d'altri tempi. E di kolossal Jiaoyou (Concorso, Gran Premio della Giuria) di Tsai Ming Liang ha solo la durata (138') per un film decostruito in veri e propri quadri viventi dove dialoghi ed azione è ridotta ai minimissimi termini, giocando ed abusando in molti frangenti della pazienza dello spettatore travolto da silenzi e metafore criptiche ai più (faccio outing, sottoscritto compreso) causando la più alta concentrazione di dormienti in sala di questa 70esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. [fabio melandri]