anno 1
numero 2
settembre 2004

Ken Loach. Un cineasta di classe

[simone pacini]


Il "Premio Fiesole ai Maestri del Cinema" è stato consegnato quest'anno a Ken Loach, "Ken il rosso" come lo definisce qualcuno. Questa scelta è stata motivata dalla coerenza morale e dalla dimensione estetica del cineasta inglese, unita alla sua coscienza politica. Quelli che seguono sono alcuni estratti del discorso da lui tenuto durante la tavola rotonda fiesolana.

"Non credo che mi inviteranno a Hollywood, e non credo che ci andrei. Un regista europeo a Hollywood è come uno chef nella cucina di McDonald's".

Sul 'Free Cinema'. Ho iniziato a fare cinema nei primi anni Sessanta, parallelamente all'ascesa del 'Free Cinema' britannico, insieme a persone con cui condividevo certe idee. Noi ci sentivamo in qualche modo contrapposti a quel tipo di cinema. Pensavamo che quel cinema utilizzasse l'ambiente della classe operaia solamente come uno sfondo, dove non c'era una finalità precisa.
Nei primi anni Sessanta fare un film sulla 'working class' del nord dell'Inghilterra era un argomento di moda; noi eravamo in contrapposizione a tutto questo, a pensarci adesso devo dire che eravamo molto duri, molto cupi nel nostro modo di fare cinema. Facevamo parte di un movimento culturale che riconosceva, per la prima volta, alla classe operaia la dignità di essere soggetti di una creazione artistica.

Sul lavoro con gli attori. Un film è qualcosa di collettivo. Sono sempre un po' imbarazzato quando leggo nei titoli di testa: "A film by Ken Loach". Mi piacerebbe molto parlare di tutti coloro che hanno lavorato con me, persone con cui ho sempre operato in assoluta parità.
Tra tutti questi rapporti, lavorare con gli attori è da sempre uno dei più grandi piaceri del mio mestiere. Si scrive una storia, in stretta collaborazione con lo sceneggiatore, si pensa alle vicende e ai conflitti; quindi la sfida di un film diventa quella di dare vita a quella storia, scrivendola attraverso gli attori. È necessario trovare attori capaci di generare la storia, che nel liberare il loro personaggio rivelino anche loro stessi. La macchina da presa vede tutti i movimenti degli attori, il modo in cui muovono le mani, il modo in cui maneggiano le cose, come guardano e come ascoltano, certi momenti devono essere impliciti negli attori, non ci devono essere menzogne, tutto ciò deve far parte della loro vita. Quello che abbiamo sempre fatto è una ricerca per trovare le persone adatte ad un certo personaggio, parlando con loro.
Riteniamo che la differenza fra attori professionisti e attori non professionisti sia labile, il processo d’incontro e di audizione con entrambi consiste nel trovare persone che siano credibili, che possano fare qualcosa che risulti vero nella finzione, per rendere un film vivo. Pensiamo a persone che il pubblico vuole guardare, che riescano veramente a comunicare qualcosa. Gli attori devono semplicemente essere portati dentro la storia, scoprendola mentre essa viene filmata, devono vivere fino in fondo l'esperienza. Cerchiamo di "trattenere" il copione per generare la vera sorpresa, lavorando con gli attori con fiducia, sorpresa e collaborazione.

Sulla famiglia. Nei nostri film il ruolo della famiglia ha sempre avuto un'importanza basilare. Tutti i drammi della vita sono drammi di famiglia. La famiglia è come un quadro in cui sperimentiamo rabbia, dolore e amore. Essa è legata sulle nostre spalle come una valigia e le pressioni esterne possono incrinare, rovinare i rapporti familiari. Un esempio è la mancanza di lavoro, l'impossibilità di far fronte ai problemi economici spesso genera una lacerazione all'interno dei nuclei familiari, in quanto porta alla perdita di dignità e di senso di identità, alla rabbia. I politici che tanto parlano di famiglia nella pratica poi creano soltanto le circostanze negative che rendono impossibile che la famiglia viva e prosperi in pace, essi creano la dissoluzione del nucleo familiare.
Al giorno d'oggi si parla molto di "flessibilità" del lavoro, è una parola chiave, una cosa che porta soltanto ad un lavoro occasionale e senza sicurezza, alla mancanza di certezze per comprare, ad esempio, la casa in cui viviamo. Questa situazione di insicurezza è assolutamente distruttiva per il benessere di una famiglia.
Piuttosto che chiederci quale è il futuro della famiglia, è opportuno chiederci quale è il futuro della nostra società.

Sul cinema commerciale. Il cinema può essere uno strumento per disarmare il pubblico, per togliergli potere. C'è chi vede il cinema come un bene di consumo, un bene di consumo è creato per realizzare profitti, quindi un cinema che si accompagni bene alla vendita di pop corn e che assicuri un flusso di pubblico e di soldi. La conseguenza è che ci troviamo davanti a dei "consumatori irrazionali", totalmente privi di un loro modo di vedere e di pensare.
Uno dei messaggi del cinema commerciale è che un uomo con la pistola può arrivare in una città e risolvere i problemi. Ed il modo in cui questo si riflette nella vita reale è ovvio: c'è George W. Bush che, come John Wayne, va in Medio Oriente e dice "Voglio Osama Bin Laden vivo o morto, a tutti i costi, per portare la pace".
Un certo cinema crea quindi una vera e propria propaganda militare, volta ad esaltare lo stile di vita americano, la cultura americana. Il cinema invece, a nostro modo di vedere, deve avere la funzione di portare in primo piano le storie e i problemi delle persone comuni, le quali non trovano più alcuno spazio nelle discussioni dei politici.

Sul sentimentalismo. Riguardo alla struttura di un film e ai sentimenti che un film deve suscitare per far giungere lo spettatore ad una visione più consapevole, uno dei maggiori problemi che ci troviamo ad affrontare riguarda le parole.
Il melodramma ha a che fare con le parole, ma il sentimentalismo generato da questi melodrammi per noi è una situazione falsa, in quanto esagera gli effetti drammatici. Noi cerchiamo di rendere i sentimenti generati da un cattiva situazione familiare vedendoli in un preciso contesto, non necessariamente con le parole; in un dramma familiare, ad esempio, cerchiamo di mettere la persona in relazione con il contesto in cui si trova, invece spesso ci capita di vedere dei film con personaggi che vagano nel vuoto, pieni di questo finto sentimentalismo.
Questo approccio al cinema è fasullo, nessuno di noi vive nel vuoto, siamo continuamente messi di fronte a problemi familiari, economici, sociali, e l'insieme di queste sensazioni è qualcosa che noi ci portiamo sempre dietro.

Sulla storia. Il regista, l'artista, ha la grave responsabilità di testimoniare la storia, cosa che diventa assolutamente necessaria in un momento come quello attuale in cui ci sono pressioni crescenti per riscriverla.
È necessario catturare prima il passato per catturare il presente. Inoltre è compito del regista celebrare i miti del suo tempo, parlo dei piccoli grandi miti che lottano ogni giorno contro le oppressioni, le ingiustizie e le violenze del presente; parlo dei contadini sudamericani, degli operai del nord dell'Inghilterra, dei popoli invasi e privati della dignità.