Jezabel
Titolo originale
id.
Autore
Irene Nèmirovsky
Anno
2007
Editore
Adelphi

"Gladys aveva della propria bellezza una consapevolezza profonda, che non l’abbandonava mai e le dava una pace interiore in ogni momento della giornata. La sua vita era semplice: vestirsi, piacere, incontrare un uomo innamorato, e poi ancora vestirsi, piacere..."

La bellezza, è questa l’ossessione che accompagnerà Gladys Eysenach per tutta la sua vita. La bellezza e soprattutto il suo folle desiderio di piacere. Guiderà la sua esistenza, si impadronirà di lei, portandola a commettere azioni spregevoli. E’ una furia la sua vanità, il suo narcisismo, che non bada neanche agli affetti più profondi. E come la Jezabel dell’Antico Testamento diventa la cattiva per antonomasia.
Ma non ci appare da subito così. Il romanzo si apre con il processo a Gladys, accusata di aver ucciso un giovane, Bernard Martin, uno dei suoi tanti presunti amanti.
E’ pallida, emaciata, dimessa, lo sguardo fisso. Impietose le considerazioni delle persone accorse nell’aula di tribunale per assistere al declino della bella imputata.
Il ritmo è incalzante, poche pagine che lasciano senza respiro. Quando viene chiamata sul banco a deporre le vengono fatte accuse di infimo livello. Una donna dissoluta,frequentatrice di case di appuntamenti, che al culmine della sua perversione e malvagità uccide il suo nuovo giovane amante,forse temendo la gelosia del suo ricco compagno italiano. Al lettore però appare solo una elegante signora che non reagisce, non combatte, si limita ad annuire, dimessa, sfiorita.
Ma da qui comincia in flashback il racconto della sua vita e tutta la compassione che si prova per lei nel primo capitolo scompare pagina dopo pagina, fino ad arrivare al disgusto per una donna che innalza la bellezza e la vanità al primo posto nella sua vita, prima addirittura di sua figlia.
Il finale sorprende e costringe a rileggere le prime pagine perché questa volta sappiamo qual è la verità e ci occorre rivederla sul banco degli imputati come è realmente.
Anche se la trama può sembrare banale, (l’esistenza frivola e ricca di una signora dell’alta società che sfocia in un delitto), quello che fa di questo libro un bel libro è la capacità della Nemirovsky di far nascere dei sentimenti per la protagonista per poi farli cambiare radicalmente. Sono le sensazioni del lettore che cambiano e si evolvono così come la trama del romanzo.
[francesca bompadre]

 


Nata a Kiev da famiglia ebraica nel 1903, figlia di un ricco ebreo russo di origini francesi, ex commerciante di granaglie e divenuto uno dei più potenti e temuti banchieri di tutte le Russie, Iréne Némirovsky nella sua pre-adolescenza si appassiona alla letteratura – quella francese, particolarmente – ed inizia a scrivere i suoi primi racconti con una peculiarità introspettiva e psicoanalitica. Ciò che cerca di subliminare attraverso la scrittura è l’odio provato nei confronti della madre completamente assorbita dal vivere nel bel mondo.
Allo scoccare della Rivoluzione Bolscevica del 1917 la scrittrice lascia in fretta e furia, unitamente alla sua famiglia, San Pietroburgo per rifugiarsi in Francia. A Parigi continua ad impegnarsi nella sua attività preferita, la scrittura, ed è ancora giovanissima quando Grasset le pubblica il suo primo romanzo, che avrà uno strepitoso successo: David Golder. Nel 1926 sposa Michel Epstein, giovane e capace ingegnere che seguirà fino alla fine il suo avverso destino; da questo matrimonio nasceranno due bambine, Denise e Elisabeth.
Negli anni successivi l’antisemitismo inizia a far sentire forte il suo ringhio; Iréne Némirovsky decide così di convertirsi al Cristianesimo e battezza se stessa e le sue due figliole. Ma ciò nonostante la morsa della furia nazista si stringe e non la perdona: Iréne e Michel finiranno entrambi arrestati e successivamente trucidati nei campi di sterminio. Deportata prima a Pithivier e poi ad Auschwitz, dove morì nel 1942.