Quanta, traboccante vita c’è nei “ragazzi” di Pier Paolo Pasolini che l’attenta regia di Massimo Popolizio ha messo in scena in prima assoluta al Teatro Argentina di Roma. E ce n’è talmente tanta, che di questo spettacolo nella testa resta un turbinio di voci ed emozioni, di pensieri e riflessioni. Questo “Ragazzi di vita” poggia sulla solida drammaturgia di Emanuele Trevi che adatta per il teatro un romanzo che lo stesso Pasolini definì “espressionista” e che parla una lingua che è un romanesco antico, declinato in terza persona.

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Una scena dello spettacolo. Foto di Achille Le Pera

In una Roma post-bellica assistiamo alle giornate del Riccetto e di Agnolo, di Begalone e di Alvaro, del Caciotta, dello Spudorato e di Amerigo, solo per citarne alcuni. Tra un bagno al Lido di Ostia e scorrazzate per il centro della città, dal Fontanone a Piazza di Spagna, da Monteverde al Tiburtino e fino a Centocelle, questi ragazzi delle borgate vivono la loro giovinezza senza pensare al domani, con la leggerezza propria dell’età, intenti a mordere la vita, voracemente. Accanto, intorno ma soprattutto sopra alle giovani e rumorose esistenze si muove il narratore, ora per suggerire, ora per raccontare, ora per dare il via a un gesto, a un’azione, a un sentimento. E se all’inizio tutto è all’insegna dell’allegria e per certi versi della comicità, poi la vita, con le sue brutture, torna prepotente a riacquistare il suo posto.

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Una scena dello spettacolo. Foto di Achille Le Pera

Massimo Popolizio crea un ensemble dall’ingranaggio meccanicamente inappuntabile. È un cerchio che si muove passando attraverso quadri costruiti tutti – o quasi – sulla medesima struttura e che torna a chiudersi su se stesso in un finale che riprende, senza troppe sorprese, l’incipit. L’affiatamento di tutti e 19 gli attori è percepibile e l’alchimia sul palco si riverbera tra gli spettatori, entusiasti e numerosi. Un ensemble, si diceva, che registicamente possiede una forza perché riesce, su una scena vuota e con l’ausilio di un paio di semplici macchine (di Marco Rossi), a restituire il fascino del cinema d’estate nello spazio aperto dell’arena, dei bagni di Ostia, di una telefonata alla prostituta Nadia, o del viaggio, affollato e sudaticcio, sul tram.

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Lino Guanciale in una scena dello spettacolo. Foto di Achille Le Pera

Sono tante e belle le idee che Popolizio mette in campo nella costruzione di uno spettacolo dall’impianto corale, di ronconiana memoria. E, di ronconiana memoria, sembra anche l’imprinting degli attori, tutti ricalcanti note espressive e movenze “rubate” a chi li ha diretti in questo lavoro. Di tutti forse solo Lorenzo Grilli ha digerito e fatto un po’ più suo il Riccetto mentre Giampiero Cicciò regala un Froscio dalle sfumature intense e toccanti. E poi c’è Lino Guanciale, il narratore: un perfetto esecutore ma la sua anima, quella di attore bravo e generoso (valga, uno per tutti, “La resistibile ascesa di Arturo Ui”) esce solo alla fine quando, libro alla mano, legge le ultime righe.

TitoloRagazzi di vita
AutorePier Paolo Pasolini
AdattamentoEmanuele Trevi
RegiaMassimo Popolizio
SceneMarco Rossi
CostumiGianluca Sbicca
LuciLuigi Biondi
Aiuto regiaGiacomo Bisordi
InterpretiLino Guanciale e Sonia Barbadoro, Giampiero Cicciò, Roberta Crivelli, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Lorenzo Grilli, Michele Lisi Pietro Masotti, Paolo Minnielli, Alberto Onofrietti, Lorenzo Parrotto, Cristina Pelliccia, Silvia Pernarella, Elena Polic Greco Francesco Santagada, Stefano Scialanga, Josafat Vagni, Andrea Volpetti
Durata105'
ProduzioneTeatro di Roma
Anno2016
Applausi del pubblicoA scena aperta
In scenaAl Teatro Argentina di Roma fino al 20 novembre 2016