– Ma come mai lo odi tanto? – Be’, siamo sposati!

Sul ring di “Play Strindberg” non c’è esclusione di colpi: i tre protagonisti si affrontano in un botta e risposta crudele, e ciascuna battuta è un pugno ben assestato. Chi è vittima, chi carnefice? Il vero bersaglio sembra essere, più che l’uno o l’altro fra i personaggi, il matrimonio stesso. Perché ogni matrimonio «comporta pensieri di morte» e perfino i matrimoni felici sono infelici; eppure, sotto la raffica di colpi bassi e stoccate al vetriolo, il matrimonio pare trovare un modo, sia pur grottesco, di resistere: ormai sventrato di ogni ipocrisia borghese.

Edgar e Alice sono giunti alle nozze d’argento con una ricca dote di frustrazioni e recriminazioni. Lui, capitano, non è mai riuscito a diventare maggiore, lei ha interrotto una poco brillante carriera d’attrice; il marito si vanta di aver provato ad uccidere la moglie e la moglie spera nella morte del marito. Edgar non vuole ammettere la propria vecchiaia, ma poi esaspera le crisi e la malattia; Alice ostenta indifferenza ma conosce così bene il marito, da decodificare ogni singolo rantolo meglio del codice Morse del telegrafo. Arriva in visita il cugino Kurt: accusato di aver unito la coppia in passato e ora forse di dividerla, è l’innesco che ravviva e propaga il fuoco della guerra quotidiana in cui moglie e marito si torturano con humour cinico e nerissimo.

Con “Play Strindberg“, nel 1969 Friedrich Dürrenmatt adatta la “Danza macabra” scritta dal drammaturgo svedese a inizio ‘900 esaltandone l’essenza feroce: riduce i personaggi, asciuga le battute, colloca la scena su un ring. Nello spettacolo diretto da Franco Però Maria Paiato, Franco Castellano e Maurizio Donadoni sono interpreti perfetti: la loro è una prestazione incisiva, tagliente e carica di sarcasmo. Le corde del ring delimitano un’isola reale e metaforica, una gabbia claustrofobica, una prigione in cui vivere un’interminabile quarantena; non c’è fuga da questa Alcatraz: anche quando un personaggio esce di scena, scavalca il ring ma tende a rimanere comunque visibile, sul palco. Gli undici “round” dell’incontro – alcuni rapidi come folgorazioni – sono scanditi dagli attori stessi, che, accompagnati dallo stacchetto musicale, declamano brechtianamente il titolo di ogni ripresa: come fossero didascalie di una comica del cinema muto.

Play Strindberg” è un’opera eccellente e in particolare Paiato, qui avvolta di velluto rosso come uno squarcio di sangue, dimostra ancora una volta di essere una fuoriclasse. Nel giro di pochi mesi, l’abbiamo vista portare (o riportare) a teatro almeno quattro lavori: “Amuleto“, “Due donne che ballano“, “Il Gattopardo. Lettura in 4 serate” e infine “Play Strindberg“; interpretazioni complesse, tutte di alto livello. Un vero portento.

TitoloPlay Strindberg
AutoreFriedrich Dürrenmatt
RegiaFranco Però
MusicheAntonio Di Pofi
SceneAntonio Fiorentino
CostumiAndrea Viotti
InterpretiMaria Paiato, Franco Castellano, Maurizio Donadoni
Durata90'
ProduzioneTeatro Stabile Friuli Venezia Giulia, Artisti Riuniti
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenadal 9 al 21 maggio 2017 al Teatro Eliseo - Via Nazionale, 183 - Roma